di DARIO CIOFFI

«Pippo/Pippo/super Pippo». Una domenica pomeriggio di 23 anni fa, nel deserto d’un Arechi che aveva quasi completato il deflusso del pubblico, si sentiva flebile soltanto questo coro. Lo intonavano i tifosi del Piacenza, neppure una cinquantina, sistemati in uno spicchio di Tribuna verde lato Curva Nord. Il giovane Filippo Inzaghi, all’epoca 21enne, aveva gelato Antonio Chimenti e regalato tre punti di platino agli emiliani in casa della Salernitana di Delio Rossi, neo promossa in serie B che pure in quella stagione avrebbe poi fatto cose fantastiche, arrivando a un passo dall’impresa del “doppio salto”.

Si sarebbero ritrovati quattro anni dopo, il “profeta” romagnolo e il bomber piacentino. In serie A. E ai granata di Delio, anche in quel caso squadra-matricola, Inzaghi fece di nuovo malissimo. Quella volta, nel 1998, con la maglia della Juventus, il centravanti di Marcello Lippi finì con l’esagerare: fece tripletta, rimandando a casa col capo chino l’inesperta Salernitana che pagò a carissimo prezzo la pretesa d’entrare al Delle Alpi a giocarsela a viso aperto contro Madame. Super Pippo mandò al manicomio quella difesa altissima e in balìa dei suoi scatti sul filo del fuorigioco, cominciando a sgretolare le certezze della gestione Rossi.

Toh, chi si rivede, domani sera a Venezia, e stavolta lui da neo promosso, sulla panchina dell’avversario che tiene a battesimo la terza stagione consecutiva dei granata in B. Riecco Filippo Inzaghi, il fratello maggiore, quello che in campo era più forte ma che da allenatore ora sta un gradino giù rispetto al più giovane Simone, tecnico-rivelazione della Lazio di Claudio Lotito dopo esser stato condottiero in pectore della Salernitana un’estate fa, ma solo da una spiaggia di Formentera, in attesa d’eventi che non si sarebbero poi concretizzati. Un gioco d’intrecci dal fascino complesso, che intriga, e che aggiunge ulteriori significati a un debutto in campionato che mischia storie della storia.

Piacere di (ri)vedersi, «super Pippo»…

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