di DARIO CIOFFI
La vigilia del debutto all’Arechi è un mix d’attesa e curiosità. D’interrogativi che si susseguono e si sovrappongono, perché Salernitana-Ternana di domani è un tuffo in una dimensione tutta da scoprire.
«Quanti saremo?», è la domanda dalle cento pistole che accompagna il caffè della domenica mattina, ancor più complessa davanti a un dato d’abbonamenti scarno come non lo si contava da tempo al tramonto dell’estate granata. Poco sotto i 3mila o appena oltre, ancora non si sa con certezza. Comunque fiacco, ricordando il passato recente, per non parlare di quello remoto. Sull’uscio del bar, ancora stoicamente affisso a una ringhiera, c’è lo striscione degli ultras che chiama la tifoseria a rapporto. Per amore della maglia, per orgoglio, non per ambizione (non) dichiarata o per il calciomercato che da qualche giorno ha visto scorrere i titoli di coda. È rimasto lì da venerdì notte, nonostante la pioggia di ieri che ha allagato la città ma non è riuscita a far cartastraccia di quell’appello, «tutti all’Arechi», con la frase del Siberiano («quella è nostra, è la nostra vita»). Basterà a gremire domani, alle otto e mezzo della sera, gli spalti dello stadio con il nome da principe? Probabilmente sì, almeno per arrivare a 10mila, “muro” che in serie B superano in pochi, assieme a Salerno, piazza che già all’esordio ha servito una prova di forza mica da ridere, portando 400 e passa tifosi nella lontana Venezia per un pari senz’acuti ma salutato con legittima soddisfazione.
È il rilancio della passione che sfida lo scetticismo dilagante e il ragionevole dubbio che diventa paura d’andar incontro a un altro campionato di sofferenza, o nel migliore dei casi d’anonimato. «Quando ci fanno sognare?», sbotta un signore al bancone dopo aver sbattuto sino a bucarla la bustina dello zucchero di canna. Il barista lo asseconda e assieme al cucchiaino che aveva dimenticato gli “serve” il solito interrogativo sul mercato: «Ma ‘sto Rodriguez, che adesso hanno preso, è forte?». Tutti hanno letto il curriculum, molti hanno visto i video di Youtube, qualcuno (e tra questi c’è una parte che mente) ha seguito le sue partite quand’era al Cesena. Nessuno dice ch’è “scarso”. Ma parecchi s’abbandonano al solito cattivo pensiero: «Sì, ma se era “buono” veniva qua?».
È il ritornello d’ogni anno, all’alba di settembre. E però stavolta è ancor più accentuato dalle vicende che hanno scandito l’ultimo trimestre. Il piano di “ridimensionamento del budget” dopo la salvezza della passata stagione, il rebus poi risolto sulla permanenza di Lotito per la vicenda elezioni in Lega B, le prime cessioni eccellenti e la (ri)costruzione lenta e non facile d’una squadra da far piacere a Bollini senza far male al Bilancio, con l’ossessione incancellabile delle norme federali vigenti che impedirebbe alla Salernitana non d’andare in serie A, ma di “giocarla” con l’attuale proprietà. Ce n’è abbastanza per “rintanarsi” nel sogno che solo l’appartenenza può custodire e cullare dolcemente: «Domani giocano i granata. È chiaro che ci sarò. L’ultimo esordio all’Arechi che ho saltato era contro l’Atletico Leonzio. Anno 1993. Perché quella domenica mi sono sposato», dice lo stesso signore che tormentava lo zucchero di canna, mentre il barista gli sbatte sul bancone il “Corriere dello Sport” di oggi per fargli (ri)vedere il Leonzio, di cui ha appena parlato, ch’è ancora in serie C, o meglio ci è tornato, però nel frattempo è diventato “femmina” e si ora chiama Sicula.
Il caffè della vigilia di Salernitana-Ternana è così. Un viaggio nel tempo senza itinerario. Ma con una meta sicura. «Tutti all’Arechi», come recita quello striscione ch’è ancora lì, dinanzi al bar. Neppure la pioggia se l’è portato via…