di DARIO CIOFFI

In Curva Sud sono tornati tanti striscioni. Che bello. Almeno sulla balaustra dell’anello superiore, è una “sfilata” che riempie gli occhi. È sera e sarebbe suggestivo (ri)vedere anche le torce, ma se ti beccano ad accenderne una ti “prendi” il Daspo e per far felice chi porta a casa una foto acchiappalike, tutto sommato, non ne vale la pena. «Ma presto cambierà tutto», assicura la larga intesa Coni-Governo. Si spera. Ché un po’ di luce e di colore non hanno mai fatto male a nessuno, anzi. Basta trattenere per qualche secondo il respiro.

Salernitana-Ternana manca mezz’ora. I calciatori si scaldano e la torcida pure. Entra il piccolo Samuele, 5 anni e maglia granata numero 10. Tra lui e il papà Antonio è una gara a chi è più emozionato. Raggiungono gli ultras, che per i bambini aprono sempre le loro braccia, e insieme scandiscono i cori che il baby-supporter ha imparato mentre combatteva il suo personalissimo calvario in un ospedale pediatrico della Liguria. Chi vive quelle scena riscopre l’autenticità d’un’emozione.

Poi arrivano le squadre. C’è da leggere il “giuramento” del fair play stilato dalla Lega di B. Lo ascolterebbero tutti volentieri se non fosse che proprio mentre Tuia, fascia di capitano al braccio, sta per prendere il microfono, entrano i tifosi arrivati da Terni. S’apre lo striscione Curva Est e piovono fischi. La rivalità è storica, sentita. E urlata. «Voi siete come Perugia», grida la Curva Sud Siberiano. Goliardicamente, è “offesa” pesante dalle parti della Cascata delle Marmore.

Non c’è scenografia, ma chissenefrega. In quel tripudio di bandiere, in quel rullare di tamburi, in quei cori che non s’affievoliscono mai tranne quando la voce-guida dà il “cambio”, c’è uno spettacolo che va oltre la rocambolesca partita che granata e rossoverdi giocano in campo. Segna la Ternana, e l’Arechi canta più forte. Pareggia Bocalon, sollievo. Però poco dopo c’è l’1-2. Intervallo tra i fantasmi, ma niente paura. La Salernitana non è sola, nell’affannosa rincorsa a rimediare ai suoi stessi sciagurati errori difensivi.

Si riparte sulle note di “Cacao meravigliao”: «Nelle difficoltà combatti e vinci con il coro degli ultrà». Bocalon ascolta, colpisce ancora con un gol bellissimo e corre incontro alla Sud che vien giù all’argentina maniera («sezione indipendente della Curva del San Lorenzo», l’ha definita Federico Buffa, “cantore” inimitabile della passione per il calcio in America Latina). Ecco “Oltre il 90esimo”. Due anni fa fu la colonna sonora della salvezza in B: il coro partiva e i granata segnavano. Solo che stavolta la rete, un’altra, la terza, la trova la Ternana, perché per il povero e bravo Bernardini è una notte senza stelle.

Game over? Macché. In panchina Bollini si toglie la giacca e resta in camicia. Sugli spalti molti sono invece già rimasti a petto in fuori. Sprocati dà un gran giro a un destro coraggioso, avrebbe già pronto (come in Coppa Italia) un “inchino” promesso ai tifosi, però la traversa gli (ri)sputa fuori il pallone. Che sfiga! «Fino alla fine, Salernitana» grida la gente mentre una manina galeotta in area regala un rigore al cavalluccio marino. Vitale va sul dischetto, Pucino gli dice qualcosa nell’orecchio mentre i quasi 12mila dell’Arechi soffiano su quel pallone calciato dal mancino. È una sassata. Vale il 3-3.

Ora sì, è tempo di “Despacito”. «Salernitana, tu sei la mia pazzia che non posso fermare», e giù una randellata di tamburo. «Ora dopo ora mi fai innamorare», e via un’altra “botta”. Prima dell’apoteosi: «Con te è magia ogni momento… Ale/ale/ale/ale/oh». Lo stadio partecipa. Persino i “commentatori” della Tribuna sospendono i “suggerimenti” tecnico-tattici a Bollini per batter le mani a tempo. Il popolo dell’ippocampo meriterebbe di vincerla, i calciatori granata un po’ meno, perché il cuore è immenso ma gli errori sono troppi e hanno ormai compromesso la partita.

Titoli di coda. Non ce n’è più, né di forza né di tempo, per provare il ribaltone. Ché gli dei del calcio sono già a letto quando Tuia, allo scadere, su punizione tenta l’ultima “preghiera”. La palla sbatte sulla barriera. L’arbitro fischia. L’Arechi invece no. Certo, non è felice per il pari e immagina che pure quest’anno ci sarà da soffrire. Però canta ancora. «Jamm’ a vere’»…

(foto Carlo Giacomazza)

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