di DARIO CIOFFI
Premesso che in campo ci vanno i calciatori, e che se davanti al portiere avversario non beccano la porta si può parlare fino a sgolarsi, il primo grande sforzo, adesso, dopo Carpi-Salernitana 1-0, dovrà farlo l’ambiente. Inutile, oltre che prematuro, alimentare la distinzione, scavare il solco e accendere lo scontro fra il fronte del disfattismo esasperato e quello dell’ottimismo cieco.
Il saldo granata, dopo due pareggi e una sconfitta in tre partite, è in passivo e la gravità degli errori di cui questi risultati son figli, soprattutto guardando il ko del Cabassi, va sottolineata e analizzata. Al tempo stesso va riconosciuto alla squadra di Bollini d’aver lottato e non sfigurato in ogni occasione: perché se il Carpi, oggi primo a punteggio pieno, il Venezia e la Ternana, entrambe a quota 5 e imbattute, son parse rivali “superabili”, non eccelse, alla portata, vuol dire che qualcosa di buono la Salernitana l’ha fatta e l’ha mostrata. Il grande limite del cavalluccio marino, al momento, s’è rivelato la fragilità, l’autolesionismo che l’ha costretta a crollare dopo aver sciupato quanto costruito.
A molti le scelte tecniche nell’undici di partenza possono aver lasciato ragionevoli dubbi, ma proprio nel primo tempo, eccezion fatta per il gran gol di Malcore – “ispirato” da un atteggiamento difensivo molle e superficiale dell’ippocampo, dal pressing alle marcature – i granata hanno schiacciato e a tratti preso a pallonate la formazione di Calabro. Però non son stati capaci di colpire quando avrebbero meritato di portarsi avanti, né di recuperare in una ripresa in cui inevitabilmente il Carpi ha potuto “far merenda” in contropiede.
È un esercizio d’equilibrio, non d’equilibrismo. La differenza è sottile. Ed è una regola alla base d’una sana autocritica che la Salernitana sarà chiamata a fare, nella consapevolezza d’aver dimostrato di non esser scarsa, ma evidentemente ancora incompiuta. Ci sarà da soffrire. Anzi, la sofferenza è già cominciata. Tocca resistere. E stringersi forte. Ripartendo dal calore dei 500 di Carpi.
Il pubblico non gioca, però l’ambiente fa la sua parte. Non deve demoralizzarsi né dividersi. Il viaggio è lungo. Troppo presto per abbandonarsi a dicotomie profetiche e inutili rancori…