di FRANCESCO CACCIATORE*
La parola “terrorismo” ha fatto irruzione nella vita e nell’immaginario di una generazione, quella dei nati a partire dalla metà degli anni ottanta, in un giorno ben preciso: l’undici settembre del 2011.
La realtà, che alla mia generazione spesso sfugge, è che il terrorismo non nasce in quel maledetto martedì. Per oltre tre decenni prima della tragedia del World Trade Center, attacchi terroristici diversi per ispirazione (dalle Brigate Rosse all’IRA, passando per le varie organizzazioni palestinesi) ed esecuzione (rapimenti, dirottamenti di aerei e navi, stragi con esplosivi) hanno insanguinato non solo l’Europa e il Medio Oriente, ma anche le Americhe. Nonostante l’attacco alle Torri resti il singolo evento terroristico più grave della storia, tutto quanto vi è seguito, compresi i più recenti attacchi in Europa, non è paragonabile per estensione, intensità e numero di vittime, al terrorismo in atto durante gli anni della guerra fredda.
Fra tutti questi eventi drammatici, quello che ha assunto forse più notorietà a livello internazionale fu l’uccisione, alle Olimpiadi di Monaco del 1972, di undici atleti della squadra israeliana da parte di un commando di Settembre Nero, organizzazione affiliata all’OLP di Yasser Arafat. Innanzitutto il contesto: le Olimpiadi, la più grande festa dello sport, pensata per celebrare la comunione fra popoli diversi, insanguinata dal conflitto israelo-palestinese. I giochi di Monaco, inoltre, si distinsero per la quantità di atleti e nazioni rappresentate: settemila e centoventi, rispettivamente. L’intento era quello di celebrare, in Germania Ovest (per la prima volta dopo le “olimpiadi naziste” del 1936), l’armonia internazionale che sembrava scaturire dalla détente in corso fra Stati Uniti e Unione Sovietica.
Le premesse
Settembre Nero era un gruppo terroristico palestinese, affiliato ad al-Fath, la fazione dell’ Organizzazione per la Liberazione della Palestina controllata, al tempo, da Yasser Arafat. L’affiliazione tra Settembre Nero ed al-Fath (e quindi, per estensione, l’OLP e Arafat), è da sempre oggetto di discussione: negata o sminuita dai palestinesi moderati, è stata però confermata da dichiarazioni degli stessi terroristi, nonché da storici e studiosi di spessore.
Alcuni mesi prima delle Olimpiadi, membri del gruppo decisero di colpire la delegazione di atleti israeliani. I pretesti per l’attacco furono molteplici. Si parla di una vendetta per il rifiuto, da parte del Comitato Olimpico, di far partecipare ai Giochi una delegazione palestinese. Ipotesi più accreditata è quella di un’azione di rivalsa dopo il recente dirottamento, da parte dello stesso gruppo, del volo 571 da Vienna a Tel Aviv, conclusosi con la liberazione degli ostaggi e la cattura o uccisione dei dirottatori.
Gli otto membri del commando, per la maggior parte addestrati in Libia, arrivarono in Germania con passaporti falsi, viaggiando a coppie, e riunendosi tutti in un hotel solo la sera del quattro settembre. Due di loro avevano lavorato nel Villaggio Olimpico, e ne conoscevano quindi la struttura e la planimetria. Nascoste le armi in borse sportive con il simbolo olimpico, alle 4:30 del mattino il gruppo si avviò per scavalcare la recinzione, dove incontrarono un gruppo di atleti canadesi di ritorno da Monaco. Probabilmente in preda all’alcol, scambiarono i palestinesi per “colleghi” e li aiutarono a entrare.
Il massacro e la responsabilità tedesca
La palazzina degli atleti israeliani si trovava in una parte isolata del Villaggio Olimpico, e fu presa facilmente d’assalto dal commando, che fece irruzione in due degli appartamenti. L’allenatore di lotta libera Moshe Weinberg e il sollevatore di pesi Yossef Romano furono entrambi uccisi in queste prime fasi, avendo opposto resistenza. Il loro sacrificio consentì ad altri atleti di fuggire. Quarantrè anni dopo i fatti, notizie pubblicate dal New York Times rivelarono che Romano fu torturato e castrato, e lasciato come monito davanti ai suoi connazionali.
I terroristi si ritrovarono con nove ostaggi israeliani, prima che venisse dato l’allarme. Il giorno dopo, la polizia di Monaco circondò l’edificio, ma un preventivato assalto fu abortito dopo la minaccia, da parte del capo del commando, di uccidere due ostaggi.
A questo punto, le responsabilità delle autorità tedesche erano chiare. La sicurezza dentro e fuori il Villaggio Olimpico era minima. Nessuna misura di prevenzione speciale fu adottata per la squadra israeliana, nonostante il rischio di attentati fosse concreto. Nel 2012, un’inchiesta del giornale Der Spiegel ha reso noto come un informatore palestinese avesse avvisato le autorità della Germania Ovest della possibilità di un attacco. Nonostante sia molto difficile verificare l’accuratezza di queste informazioni, prova ulteriore è stata fornita dallo psicologo forense Georg Siber, al quale gli organizzatori dei Giochi avevano assegnato il compito di stilare una serie di possibili scenari di attacchi terroristici, per pianificare meglio la sicurezza. Uno di questi prevedeva proprio un’azione palestinese contro la delegazione israeliana, la presa di ostaggi, la richiesta di liberare prigionieri palestinesi dalle carceri d’Israele, e un aereo per lasciare la Germania.
Tutti questi eventi si verificarono puntualmente, ma la conclusione fu drammatica. I terroristi e gli ostaggi furono trasportati in elicottero alla vicina base NATO di Fürstenfeldbruck, dove sarebbero dovuti salire su un aereo per il Cairo. Sulla pista, la polizia tedesca fece un maldestro tentativo di agguato, ma era male addestrata a gestire questo tipo di situazione (due mesi dopo, come conseguenza, fu fondata l’unità d’élite anti-terrorismo GSG9). Lo scontro a fuoco che ne seguì si concluse con la morte di tutti gli ostaggi e cinque degli attentatori.
Lezioni e conseguenze
Come mai lo scenario preventivato da Siber e, forse, la soffiata di un informatore palestinese vennero ignorati? Le falle nell’apparato di sicurezza tedesco sono state spiegate con la volontà di proiettare un’immagine della Germania Ovest pacifica, quanto più distante possibile dal militarismo nazista, l’ ennesimo tentativo di esorcizzare il fantasma della Seconda Guerra Mondiale.
I tre terroristi sopravvissuti furono processati, ma il ventinove ottobre un volo della Lufthansa fu dirottato da altri membri di Settembre Nero e minacciato di far esplodere se i tre non fossero stati rilasciati. Il governo tedesco acconsentì e i terroristi furono inviati in Libia, dove vennero accolti da eroi. In risposta, Israele autorizzò il suo servizio segreto, il Mossad, a intraprendere un’operazione segreta per assassinare i colpevoli della strage e altri membri dell’organizzazione. L’operazione, chiamata Ira di Dio, è stata anche portata sul grande schermo da Steven Spielberg nel film Munich.
Nel dicembre del 1973, dopo essere stata ufficialmente dissolta dall’OLP, Settembre Nero compì il suo ultimo attentato, la strage di Fiumicino, dove persero la vita trentadue persone, fra cui sei italiani.
*storico, ricercatore, giornalista e scrittore freelance
“Appuntamento con la Storia”, a cura di Francesco Cacciatore, è una nuova rubrica che porterà alla vostra attenzione le ricorrenze storiche più significative.