di ALESSANDRO BASSO*

Nella notte fra l’8 e il 9 settembre del 1943, in un’Italia ridotta alla fame da una guerra insensata opera di due folli di prima risma, la Quinta Armata statunitense del generale Mark Wayne Clark sbarcò lungo le coste del Golfo di Salerno. A Pontecagnano. Clark, infatti, riteneva di poter costituire la principale testa di ponte nella penisola italiana e marciare velocemente verso Napoli, in connessione con le truppe britanniche del generale Bernard Montgomery, già approdate nei giorni precedenti in Calabria.

Lo sbarco avvenne a Magazzeno. Sulla rena della nostra marina scesero dalla chiatte militari gli uomini del Quarto e Quinto battaglione Hampshire agli ordini del tenente colonnello R. Chandler. Il comandante ordinò ad una porzione della compagnia di attraversare a guado il fiume Asa. E allo stesso momento ordinò alla compagnia “E” di sfondare lungo un sentiero angusto che dalla spiaggia menava alla campagna – antico retaggio di bonifiche – fiancheggiato da spesse mura. Dopo aver percorso seicento metri verso l’interno lungo quel sentiero la compagnia fu sorpresa da un contrattacco di cannoni, mitra e carri armati. I nemici non mollavano la presa. Si tentò la resistenza, ma senza armi la compagnia fu sopraffatta. La lunga e stretta via che dal mare punta all’entroterra prese sin da allora il nome di “Sentiero degli Hampshire”. La scena che si presentò dopo quello scontro fu crudele: i giovani soldati morti nella controffensiva affollavano il lungo budello campestre e i fossati limitrofi. Qui una gamba, lì un braccio, più là ancora un orecchio e via dicendo. I corpi già straziati dalle mitragliate vennero schiacciati dai cingolati dell’artiglieria nemica.

Il sentiero consacrò la sua fama nella storia della nostra Libertà battezzandola col sangue di tanti poveri ragazzi. Anche la Libertà, così come l’oppressione, si fa col sangue.

La mattina del 9 settembre Pontecagnano e i pontecagnanesi – che non avevano affatto dormito e che erano scappati dalla campagna per la grande paura, avendo visto ed udito l’immensa meraviglia dei mezzi alleati senza capirci niente – accolsero le truppe della Libertà che sfilavano a fucili spianati ma senza minaccia lungo la via Budetti. Alla marina il tripudio dei mezzi si faceva sentire nel suo greve struscio di ferraglia grossa.

Nel corso degli anni la memoria si perse (e non si è ancora del tutto ritrovata malgrado le iniziative postdatate e le celebrazioni sdrucite di una parte e basta che assoggetta la Storia alla casta dimenticando che la memoria è di tutti) e in molti sbiadì il ricordo di quei fatti. Fino a quando nel 1966 il giornalista e drogherie Ettore d’Ascoli non ritrovò, in un volume di resoconti bellici, la narrazione di quelle giornate. Preso dall’ansia di testimoniare scrisse ai mitici reduci dell’altrettanto mitico Royal Hampshire Regiment. Essi risposero. Fu così che si organizzò il primo pellegrinaggio sulla “Via della Libertà”. Vennero i reduci, piansero i loro amici morti, si ricordarono di quando erano stati giovani. Pensarono a quanto è sciocca la guerra anche quando si sta dalla parte dei vincitori. Dopo lotte furiose l’Amministrazione Comunale (che ora come allora è sempre sorda a certe spinte storico-sentimentali) inaugurò, il 9 settembre del 1993, un’epigrafe memoriale.

Ma la “Via della Libertà” resta ancora Via Mar Adriatico. Il “Sentiero degli Hampshire” resta solo un budello anonimo. Malgrado le commemorazioni, malgrado l’epigrafe. Così la nostra storia si consuma nell’onda torbida delle mareggiate.

*SCRITTORE 

(foto tratte dall’archivio storico di Ettore D’Ascoli)

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