di DARIO CIOFFI
«Bollini non cambia». «Bollini non molla». «Bollini tira dritto». Ogni giornale stamattina sceglie il suo titolo. Cambia qualche parola, non il senso: l’allenatore della Salernitana è pronto a far di testa sua. Il margine di dubbio resta, perché al match contro il Pescara di sabato all’Arechi mancano ancora due giorni e altrettanti allenamenti, e allora non è detto che le prove del mercoledì rispondano fedelmente alla formazione che sarà poi schierata per l’assalto a Zeman. Però la traccia c’è, il segnale pure.
Il tecnico granata non ha paura d’andar incontro al suo destino se l’affronta con le proprie idee. Gli hanno detto (patron Lotito esplicitamente, il ds Fabiani più tra le righe ma con toni forti e spazientiti) che il tridente d’attacco non è la soluzione ideale per esaltare le qualità dei suoi calciatori. Lui ha sentito ma forse non ascoltato. Così l’ha schierato di nuovo, perché il 4-3-3 è il sistema di gioco su cui sta insistendo sin dall’alba del ritiro di Roccaporena. Coraggio, sfrontatezza, cocciutaggine?
Chiamatela come volete, però la scelta – possibile, probabile – di restar ancorato al suo “credo”, in un momento già (prematuramente) cruciale del campionato, dà l’esatta dimensione del personaggio Bollini. Un aziendalista (certo, è arrivato con quest’etichetta appiccicata addosso) che ragiona con la propria testa, sentendosela protetta dalle sue idee come quando allaccia il casco per filar via in sella alla moto. Sabato, però, gli toccherà “correre”, senza sbandare. Lo sa anche lui, del resto, ch’è stato “avvisato”…