di MARK GRECO

Il 22 settembre 1980 i meno edotti sulle questioni medio orientali facevano conoscenza grazie ai telegiornali di un personaggio a dir poco epocale, dominatore delle cronache politico militari dei successivi 25 anni: Saddam Hussein.

Forse qualcuno aveva notato distrattamente la sua nomina a Presidente del Comando del Consiglio Rivoluzionario Iracheno nel 1979, ma la scena medio orientale all’epoca era dominata da un signore dall’aspetto meno marziale (Saddam si era autonominato generale e vestiva spesso in divisa) ma ciononostante meno rassicurante: L’Ayatollah Khomeini, guida suprema della rivoluzione islamica Iraniana che portò alla caduta del governo dello scià Mohammed Reza Pahlavi.

Il leader supremo iraniano catalizzava l’attenzione dei media più che per l’instaurazione della teocrazia, che in un mondo diviso tra democrazie occidentali, dittature africane regimi comunisti e golpe sudamericani non destava particolari reazioni, per i continui strali verso gli Stati Uniti definiti il Grande Satana a causa degli aiuti forniti al regime dello Scià e l’asilo politico dopo la fuga, oltre che per la protezione fornita al piccolo Satana: Israele.

Nacque così la crisi dell’ambasciata americana a Teheran dove 54 persone furono prese in ostaggio dagli studenti coranici. Un’ intera nazione, o quasi, infiammata dalle parole dell’’Ayatollah, al quale poco importava delle conseguenze future di queste azioni. Dopotutto il Grande Satana era lontano, e Allah non avrebbe tradito i suoi fedeli rivoluzionari Sciiti.

Il problema di fondo è che Allah era anche dalla parte dei confinanti iracheni guidati da Saddam Hussein, indiscusso leader della fazione irachena di Ba’th, un partito politico panarabo sunnita che governava una maggioranza sciita.

È facile intuire a questo punto che il timore di una rivoluzione sciita in un paese confinante più forte militarmente (e con il triplo della popolazione ) potesse fare da traino alle istanze degli sudditi locali governati con metodi degni dei peggiori fascismi che la storia ricordi.

Negli anni precedenti, l’Iran dello scia aveva unilateralmente affossato, grazie al deterrente militare, gli accordi faticosamente raggiunti in più di un secolo di dispute per il controllo dello Shatt al-Arab, il fiume che nasce dalla confluenza del Tigri e l’Eufrate che sfocia nel Golfo Persico, sul quale le navi iraniane erano costrette a pagare dazi per la navigazione. L’area dominata dalla città di Bassora rimarrà il punto nevralgico della guerra negli anni a venire data la presenza di fondamentali pozzi petroliferi e il via vai di petroliere e navi.

Hussein intravide un’opportunità nella crisi, comprendendo di fatto che la rottura con gli Stati Uniti significava anzitutto problemi nel riarmo e nella manutenzione degli armamenti di terra e aria per l’Iran. Inoltre, la rivoluzione, come sempre accade, comportava un ricambio nei comandi dell’esercito, con troppi militari tacciati di lealtà verso lo scià, e infatti inizialmente furono impiegati i volontari della guardia rivoluzionaria.

Senza preavviso e nessuna dichiarazione di guerra l’esercito Iracheno invase l’Iran dando il via a una guerra che durò ben 8 anni lasciando sul terreno più di un milione e mezzo di morti senza che alla fine il Raìs riuscisse a ottenere alcuna significativa acquisizione territoriale, e nel corso della quale si poterono intuire alcuni elementi delle guerre successive esplose nelle stesse zone.

Anzitutto l’ambigua posizione degli USA, che finanzieranno e sosterranno Saddam, così come altri paesi arabi sunniti , economicamente e militarmente. Al contempo, col fine di sostenere con i proventi la rivoluzione dei Contras in Nicaragua (contro il governo Sandinista regolarmente eletto) furono vendute per vie illegali armi anche agli iraniani creando così uno scandalo, l’Iran gate, che minerà la popolarità di Reagan. Nello stesso periodo gli USA armarono i mujaheddin in Afghanistan di Bin Laden allo scopo di finanziare la resistenza contro l’invasione sovietica.

Inoltre, a parte condanne verbali e scritte nessuno interverrà quando Hussein fece ricorso all’uso di armi chimiche come l’yprite ricreando scenari da prima guerra mondiale. Negli anni futuri questo precedente sarà il cavallo di troia per la dichiarazione di guerra all’Iraq definito stato canaglia da G.W.Bush.

Le armi chimiche furono usate anche contro la popolazione curda ieri come oggi impegnata con i suoi combattenti, i peshmerga, per la costituzione di uno stato Curdo indipendente e da sempre spina nel fianco del regime Ba’thista che non lesinerà in deportazioni e altro per arginare il problema.

La guerra tra poveri lasciò in rovina i due stati, e seppure in patria il Rais festeggiò come una vittoria il cessate il fuoco successivo alla risoluzione ONU 598 dell’Agosto 1988 la situazione economica del paese era a quel punto catastrofica . Oltre ad aver perso i pozzi petroliferi,distrutti da anni di bombardamenti aerei Hussein si ritroverà con un debito di oltre 100 miliardi di dollari per le forniture militari e un esercito regolare passato da 350 mila dell’inizio guerra a un numero di effettivi superiore al milione.

L’impossibilità di risarcire il debito e il timore di perdere il controllo dell’esercito porteranno Saddam Hussein alla decisione di invadere il vicino Kuwait con l’obiettivo di impossessarsi dei suoi giacimenti petroliferi contando come nella guerra precedente sull’inerzia altrui.

Inizierà un’altra guerra dove il Raìs sarà ancora protagonista per molti senza però il suo barbuto antagonista. L’ayatollah Khomeini morirà l’anno successivo lasciando l’Iran isolato dalla comunità internazionale fino ai giorni nostri.

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