di DARIO CIOFFI
È uno stadio blasonato, che racconta storie di coppe e di campioni. Ma la Salernitana non ci entrerà da sola. Anzi. Avrà con sé più di 700 tifosi, nel friday night di Parma, per tentare quella che nasce come un’impresa titanica a dar retta tanto al presente quanto al passato.
L’attualità dice che la squadra di Bollini arriva al Tardini (stra)piena di cerotti, con una difesa a pezzi e un’infermeria che somiglia a un “lazzaretto” manzoniano. Le statistiche, invece, rammentano il tabù parmense, dove i granata non hanno mai vinto in cinque precedenti e non segnano dal 1955, quando Massagrande rispose al vantaggio crociato griffato Vyckpalek, lo zio di Zdenek Zeman. Aggiungici che in trasferta la Salernitana non fa “il pieno” dal “pesce d’aprile” che Rosina riservò al Pisa, ed ecco che il quadro della complessità può dirsi delineato nitidamente.
Poco male. Il cavalluccio marino sabato scorso s’è finalmente sbloccato e vuol dare continuità al primo successo in campionato. Affronta un’avversaria, la formazione di D’Aversa, che sin qui non conosce mezze misure, avendo conquistato tre vittorie e altrettante sconfitte. La legge (non scritta) dei grandi numeri farebbe propendere per un pareggio, ma tra le pieghe di questo Parma-Salernitana c’è di sicuro molto di più d’un pronostico basato su un lapalissiano calcolo di probabilità.
I granata hanno cambiato spartito tattico, accantonando quel 4-3-3 ch’era sistema di gioco poco gradito a patron Lotito. Con l’assetto offensivo a due punte, i ragazzi di Bollini – pur non servendo champagne contro lo Spezia – hanno mostrato maggiore imprevedibilità, qualche soluzione in più per far male, riabilitando il “povero” Rodriguez ch’era stato crocifisso per gli errori, oggettivamente da impazzire, di Carpi e Vercelli. La grande incognita, stavolta, sarà la tenuta difensiva: il reparto ha già “ballato” abbastanza nella primissima parte di stagione, e ora si presenta non solo rimaneggiato, di più. Al discusso e però navigato Schiavi spetterà il compito di comandare una retroguardia che dovrà guardarsi anzitutto dall’arciere Calaiò, uno che la Salernitana avrebbe voluto volentieri, con il suo carico di frecce, due estati fa, salvo poi lasciar campo libero alla più consistente offerta del Parma appena tornato tra i professionisti dopo l’onta del fallimento.
I ducali, rinati tra le fiamme dell’inferno dei Dilettanti, puntano al triplo salto per rinverdire i fasti d’un tempo, quando i crociati primeggiavano in Italia e in Europa, senz’aver mai vinto uno scudetto, certo, ma il resto sì. Se li ricordano bene, quegli anni, pure i supporters granata, che nel 1998 videro la squadra di Delio Rossi neo promossa in serie A prendere due schiaffi al Tardini da Chiesa (Enrico, il papà dell’enfant prodige del momento Federico) e Fuser. Era il Parma di Buffon, Thuram, Cannavaro e Veron (clicca qui per leggere “l’amarcord”). Oggi è un’altra storia. La Salernitana può e deve provarci. Nonostante l’emergenza. Ché è in momenti così che vengono fuori le squadre forti. O quantomeno quelle “toste”. Chissà se quella di Bollini lo è…