di ALESSANDRO MOSCA
“Un fenomeno fortemente diffuso ma privo di una reale organizzazione unica”. Così viene definita l’attività illecita smascherata al termine delle indagini condotte dai carabinieri della Compagnia di Salerno – guidati dal maggiore Pietro Paolo Rubbo – su disposizione della locale Procura (pm Elena Guarino), che nelle ultime ore hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di quattro persone (una in carcere e tre ai domiciliari) e notificato gli avvisi di conclusione indagine nei confronti di altre sedici persone ritenute coinvolte nel “sistema a luci rosse” che dallo scorso anno stava allargando il proprio dominio nel sempre fiorente mercato della prostituzione non solo nel capoluogo ma anche nei centri limitrofi come Baronissi e Pontecagnano Faiano (clicca qui per leggere l’articolo).
Verifiche cominciate nel novembre dello scorso anno quando, in seguito ad alcune segnalazioni da parte dei residenti e agli appostamenti effettuati dai militari dell’Arma, all’interno di un residence del quartiere Pastena vennero scoperte quattro donne che, dopo aver pubblicato gli annunci su alcuni portali web specializzati, vendevano il proprio corpo per cifre fra 60 e i 100 euro. La genesi di un’inchiesta che, nelle scorse ore, ha portato i carabinieri ad eseguire gli arresti con le accuse di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
La mappa del sesso
Quel blitz fu soltanto l’inizio di un intenso lavoro per la Procura e i carabinieri che ha portato anche al sequestro preventivo di 9 immobili fra appartamenti, strutture ricettive e centri benessere per un valore superiore ai 2 milioni di euro. L’attività dei militari dell’Arma ha permesso di scoprire e smantellare la fiorente attività illecita, capace di coprire l’intero territorio e offrire prestazioni per tutti i “palati”. Il primo punto di contatto sul web: sul solito portale specializzato, infatti, le varie Caterina, Ruby, Ambra – nomi di fantasia utilizzati per non “farsi riconoscere” – proponevano le loro offerte accompagnate dal numero di telefono. Al cellulare, poi, arrivava la definizione della “trattativa”, con la fissazione del “regalino” promesso e, soprattutto si veniva a conoscenza di dove recarsi per concludere il tutto. L’attività investigativa ha permesso di ricostruire una vera e propria “mappa del sesso”: giovani donne sudamericane “operavano” in varie zone di Pastena, a Fuorni, nel centro di Salerno ma pure a Pontecagnano e a Baronissi. A Torrione, invece, avevano “trovato casa” le rumene. Diverse anche le prestazioni offerte da avvenenti cinesi, presenti sia in alcuni centri massaggi “piccanti” (fra cui i due già chiusi negli scorsi mesi dai carabinieri, siti nel centro e a San Leonardo) oltre che in vari appartamenti della zona orientale.
Il tariffario
Nelle 24 pagine d’ordinanza firmate dal gip Pietro Indinnimeo emergono particolari piccantissimi. Le prestazioni offerte dalle donne protagoniste del “sistema a luci rosse” di Salerno, infatti, erano per tutte le tasche. A rivelarlo sono le testimonianze degli ignari clienti “beccati” sul fatto dai carabinieri che hanno confessato i “trattamenti” di cui avevano beneficiato. Si partiva da 20/30 euro: in una delle beauty farm sequestrate, infatti, tanto bastava per vedersi offrire “un ulteriore servizio”. Altri tipi di proposte, invece, partivano dai 50 euro per superare anche i 100.