di DARIO CIOFFI
A ripescar la data precisa, 26 maggio 1996, ci pensa il motore di ricerca. Però per tutto il resto, caro Google, che vuoi sapere? Ché tu ai tempi di Cesena-Salernitana 3-2 manco c’eri, o se già esistevi, ammetterai, non ti conosceva nessuno. Dello striscione di quel giorno nella Curva Mare, per esempio, ti ricordi? C’era scritto così: «Tardelli vattene, Bizzarri seguilo, Binotto sparati».
L’avessero esposto oggi si sarebbero mosse un paio di Procure (della Repubblica e della Federcalcio) e sarebbero arrivati una trentina d’anni di Daspo. All’epoca no, era tutto preso un po’ meno sul serio: si poteva ancora dire «c’ha il biglietto papà» e infilarsi tra le porte d’ingresso allo stadio senza tornelli, e se gli “accompagnatori” non bastavano a noi bambini bastava chiedere al signore in fila di turno «posso entrare con voi?». Funzionava sempre. E lo sconosciuto, come responsabilizzato, gonfiava il petto davanti all’addetto al controllo (che ancora non si chiamava steward): «’o guajon sta cu’ me».
Cesena-Salernitana, allora. Campionato di serie B 1995/’96. Quello che iniziò con Franco Colomba in panchina dopo il “tradimento del profeta”, l’infortunio di Pisano a Tenna, il gol di Spinelli a Venezia in maglia biancazzurra, il “cucchiaio” di Ferrante su rigore, le trasferte in Inghilterra per il Torneo Anglo-Italiano e 5mila salernitani a Foggia che cantavano «Delio Rossi chi è?» mentre un tamburo volava sfiorando Brunner ed Enrico Maria Amore e Pasquale Logarzo si prendevano lo Zaccheria. Bella stagione, a ripensarci.
Poi venne maggio, il mese della resa dei conti, ché – si sa – «i campionati si decidono in primavera», e come l’anno prima la Salernitana si ritrovò alle porte del sogno della promozione in serie A. Toccava vincere a Cesena. «Si può fare», si diceva, visto che l’eroe dell’urlo mundial, Tardelli (ventun anni dopo è stato appena scelto come testimonial delle Universiadi campane del 2019), era già virtualmente in vacanza e sulla riviera romagnola, al netto della contestazione degli ultras, non avrebbe avuto che da scegliere. E invece…
Suvvia, Google, renditi utile. “Mela/C e Mela/V”: Cesena in campo con Micillo, Scugugia e Ponzo; Favi, Aloisi, Rivalta; Teodorani, Piangerelli, Bizzarri, Dolcetti e Hubner. Ordinati non per sistema di gioco ma per numerazione 1-11 e per come si “decantavano” nella tradizione della “piramide di Cambridge”. Salernitana, invece, con Chimenti, Grimaudo e Facci; Logarzo, Cudini, Iuliano; Rachini, Tudisco, Ferrante, Pirri e De Silvestro. Ma come, Breda e Pisano in panchina? Vabbè, se fu calcistico reato per quel brav’uomo di Colomba è di sicuro già scattata la prescrizione.
Fatto sta che la partita fu un calvario. Darione Hubner, “bisonte” di soprannome e di fatto, portò avanti i romagnoli. Poi raddoppiò Piangerelli. Però “cavallo pazzo” Grimaudo rimise in partita i granata. Intervallo sul 2-1. Nella Curva ospiti 6mila salernitani cantavano e portavano la croce. In Tribuna, dov’eravamo noi, pochi cesenati se ne stavano mischiati a così tanti tifosi arrivati da Salerno che sembrava d’esser su Corso Vittorio Emanuele nel giorno dello “struscio” della Vigilia di Natale. Da lì qualcuno urlava “al totonero”: «C’hanno rubato un’altra promozione». Strillò ancor più forte, quel signore mai più (ri)visto, quando di nuovo il “bisonte”, quello che appena arrivava in panchina s’accendeva la sigaretta, fece 3-1 su rigore, mentre sempre dal dischetto il piccolo Pirri si fece parare il penalty da Micillo. Arrivò il 3-2 su autorete (confesso, solo grazie a Google posso attribuirla a Rivalta), però per la rimonta della Salernitana era troppo tardi.
Papà, al solito, dopo i tre fischi dell’arbitro ci prese di “peso”: «Usciamo, forza. Tutti in macchina», mentre Chimenti regalava i guantoni e Grimaudo sfilava a capo chino e con gli occhi lucidi. Il Tom-Tom ancora non c’era, toccava guardare i cartelli stradali, e alla prima freccia in direzione Orte, con lo stadio ancora alle nostre spalle, “Tutto il calcio minuto per minuto” diede notizia del gol del Perugia di patron Gaucci al 99’, dopo nove di recupero: su rigore aveva segnato Max Allegri (sì, l’allenatore della Juve di oggi), condannando il Venezia alla sconfitta e spegnendo quasi definitivamente i sogni di serie A granata.
Sta’ buono, caro Google, ché del Manuzzi di Cesena, adesso Orogel Stadium, potrai pure ricordarmi d’un recente Bagadur all’ultimo respiro. Ma quanto durò quel viaggio di ritorno, ripensando a Hubner e Pirri, Gaucci e Allegri, tu proprio non puoi capirlo…