di ALESSANDRO MOSCA
“Mi vergogno di essere italiano”. Antonello Crisci non è un uomo qualunque. Nella sua carriera da medico e professore universitario ne ha viste di tutti i colori. Domenica mattina, di buon ora, ha risposto presente alla convocazione della Procura, iniziando a coordinare il pool di tecnici chiamati ad analizzare i corpi senza vita delle 26 donne sbarcate al porto di Salerno dalla nave Cantabria. Fu fra i primi ad arrivare al molo 3 Gennaio, ascoltando con grande attenzione le direttive del vice-procuratore capo Luca Masini e confrontandosi con grande attenzione con i colleghi medici legali.
Ma la situazione cui si è trovato di fronte è riuscita a segnare anche lui. E ieri il professore Crisci, a margine di un convegno che ha chiuso la seconda giornata di autopsie, è esploso. Esprimendo tutta la sua amarezza per quanto gli sta accadendo negli ultimi giorni, situazione che ormai – con il passare dei giorni – all’ombra del Castello d’Arechi sembra esser passata in secondo piano.
“Nel 2017 sto assistendo a situazioni da Medioevo. Sono 41 anni che svolgo questo lavoro ma non mi era mai capitato di vivere questo incubo – l’umanissimo sfogo di Crisci -. Queste ragazze vivevano una situazione terribile. Sono legato al segreto istruttorio e quindi non posso dire nulla. Faccio solo una considerazione generale: non è possibile che episodi del genere accadano ancora al giorno d’oggi. Al cimitero abbiamo 26 donne morte, molti altri corpi – di uomini e donne – si trovano in fondo al mare. Voglio complimentarmi con il direttore del cimitero, Filomeno Di Popolo, e con gli operai che ci stanno dando una grande mano. Non ci aspettavamo di dover accogliere 26 salme, non è una situazione facile da gestire”, ha spiegato Crisci che ha raccontato come, per preservare i cadaveri, si stia utilizzando anche un camion refrigerato dei vigili del fuoco.
Ma, nonostante le mille difficoltà, il lavoro del pool di medici legali va avanti. Ieri, infatti, sono state effettuate altre sei autopsie che, aggiunte alle sei del giorno precedente, fanno stimare che il lavoro dei tecnici non terminerà prima delle prossime 48 ore. Quanto filtra dall’area allestita all’interno del camposanto di Brignano è agghiacciante: una delle ragazze che ha perso la vita nella traversata della speranza, infatti, aspettava un bambino. Le prime indiscrezioni, poi, sottolineano come sui corpi finora analizzati non ci siano segni esterni di violenza sessuale (la conferma potrà arrivare soltanto dai tamponi e dagli esami istologici i cui esami non si avranno prima di 90 giorni) ma chiare tracce di frustate e bruciature.
Una tragedia nella tragedia. Pian piano, infatti, alcuni di quei cadaveri finora distinti con un numero stanno trovando un nome. Al cimitero, infatti, prima un marito si è recato nella sala mortuaria riconoscendo la moglie, poi è toccato a un fratello sottoporsi alla stessa straziante tortura. Le due donne, entrambe di nazionalità nigeriana, avevano soltanto 20 anni.