negramaro amore che torni

di SABRINA SICA

In attesa. Quelle attese che regalano momenti eterni, parole che intreccerai ad attimi. E poi attese che tornano, per restare. Come un amore, un volto, una canzone. Una canzone che non sarà mai una semplice canzone, che ti guarderà dentro. Ti placherà e completerà. A ridosso di giorni stanchi, pesanti e complicati ma veri e felici. Ad accompagnare sfide, incontri, traguardi. A sancire dolori, leccare ferite.

“Amore che torni”, il nuovo album dei Negramaro, è il connubio di un’emozione che non si arrende, che corre in un viale di foglie cadute dai rami. È il vento che le scompiglia, le maltratta, le spazza via. E corre veloce, senza fermarsi. Su 12 tracce di poesia, con un ritorno al rock elettronico. Sintetizzatori e batterie elettroniche, ritmo impellente e straripante. Poche le ballate, sfumate con il rock che torna incisivo su un lavoro complesso, articolato e per niente scontato. La voce di Giuliano Sangiorgi è più in forma che mai, vibra e vola. È l’apoteosi. “Fino all’imbrunire”, “Ridammi indietro il cuore”, “New York e nocciola”, “Mi basta”, “Amore che torni”, “La chiave, la virtù e l’arroganza”, “Per uno come me”, “L’anima vista da qui”, “Pezzi di te”, “La prima volta”, “L’ultima volta”, “Ci sto pensando da un po’”: 48 minuti, che non si possono raccontare. Che ognuno saprà sigillare a suo modo. Un po’ di Giuliano, Lele, Ermanno, Andro, Pupillo e Danilo. Un po’ di quel timore che fa rumore, un po’ di quelle fragilità che non serve nascondere.

È il ritorno di un’armonia che non si lascia piegare, di una storia che sappiamo non essere semplice ma che prepotente si stringe. Quella dei Negramaro, intensa. Sanno di tempesta, di pioggia che batte forte, su un gruppo di persone, su un gruppo di cuori. Un sentiero, buio. Fatto a pezzi dalla stanchezza, dalle incomprensioni. Che trova la luce, il sole e la forza. Di correre, parlare, volare e restare a guardare.

Nessuno scioglimento, semplicemente un momento fatto di attese e paure. Dubbi dettati da esigenze di nuove scoperte e avventure. Le stesse che tornano prepotenti nel nuovo album della band salentina. Dalla prima all’ultima traccia, tutto d’un fiato. Ad accompagnare uno dei tanti colloqui di lavoro, o magari quello giusto. Con l’emozione e la curiosità a spingere forte nella pancia, per un lavoro intimo. Che graffia, abbraccia.

Perché questo album riaccende la speranza. Riaccende la passione. Ed è proprio lungo la strada, lungo uno dei tanti viaggi della speranza che ognuno vive a suo modo, che ho percepito “Amore che torni” come un regalo. Un dono.

“Amore che torni” siamo noi, che combattiamo. Che non ci capiamo, che sbattiamo la testa e chiudiamo porte. Che non lasciamo a casa la grinta, che con testardaggine proviamo a prenderci il nostro posto nel mondo. Siamo davvero noi, quando non riusciamo a dire addio. Quando abbiamo paura di tornare e restare, siamo noi che oggi non sappiamo cosa saremo domani. E dopodomani ancora. Siamo noi con le nostre paure, con le lacrime e i sorrisi. In equilibrio, a lottare per non cadere.

Siamo noi che restiamo a galla, a inventarci un modo di fare. A ritagliarci un posto dove raccontare, gridare e denunciare. Siamo noi che non abbiamo più pazienza, ma che invece allontaniamo l’arroganza e l’ignoranza. Sono i pensieri che provano a offuscare e scippare. Le parole che mancano, abbondano. Sono io, questa sera, che senza troppe pretese mi lascio trasportare. In attesa, di tornare. A sperare, credere e “coprire le nuvole, afferrandole. Fino al prossimo sole, fino al suo imbrunire. Per vedere meglio le stelle. Rassicurarle che domani sarà ancora un nuovo inizio”. Chapeau.

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