di DARIO CIOFFI
«La dura legge del gol», ch’è “canzone del cuore” nell’immaginario collettivo granata perché fu colonna sonora della cavalcata della Salernitana di vent’anni fa verso la serie A, in realtà è brano “triste”. Racconta d’un assedio e poi d’una beffa. «Loro stanno chiusi là e alla prima opportunità salgon subito e la buttan dentro a noi». Il Foggia, all’Arechi, ha fatto proprio così.
Inutile spremersi a ricercare letture complesse d’una partita – invece – molto semplice anche nel suo verdetto impietoso. La squadra di Colantuono l’ha (ben) giocata, comandata e poi buttata via. S’è divorata almeno cinque occasioni nitide, forse sei o addirittura sette. Troppe. Perché Bocalon ne tocca poche, Sprocati è bravissimo ma ancora poco “cattivo” nel colpo decisivo e dove finiscono i demeriti degli attaccanti cominciano la serata buona del portiere pugliese e la complicità del fato che s’è ripreso con gli interessi gli “aiutini” donati sabato scorso a Chiavari.
Poco altro su cui sbatterci la testa, se non il rimpianto d’esser rimasti all’asciutto contro una difesa, quella di Stroppa, che viaggiava alla media d’oltre due gol subiti a partita. Va da sé che davanti a uno 0-3 in casa, che spezza l’inviolabilità dello stadio con il nome da principe, non ci sia “consolazione morale” d’una buona prestazione che tenga, però sarebbe anche forzato andar a scavare in cause nascoste che probabilmente non ci sono se non nei limiti oggettivi e già noti. Ché la classifica alla 20esima giornata non può mentire granché, anche in questa serie B così follemente equilibrata.
La Salernitana s’è rovinata al tramonto del match, sfasciandosi e crollando, dopo 84 minuti in cui avrebbe meritato molto più d’un pari che non era riuscita a sbloccare. Evidentemente lì davanti le manca qualcosa, e forse pure a centrocampo dove al netto delle assenze s’è notata fin da agosto la necessità di metter dentro più qualità. Gennaio è alle porte e dopo Palermo sarà inevitabile una riflessione sulle correzioni da fare sul mercato per rinforzare l’organico, inserendo elementi pronti al posto d’altri che si son visti poco, nulla o male. Non c’è da rivoluzionare ma da irrobustire per fare d’un’ambizione dichiarata una prospettiva reale.
(FOTO Carlo Giacomazza)