di DARIO CIOFFI
La cartolina del 2017 della Salernitana è in questo bambino che parla a un megafono più grande di lui. Si chiama Samuele, ha l’accento ligure – perché è nato e cresciuto lì – ma il cuore granata per passione paterna. Quest’immagine che arriva da Chiavari è l’istantanea più bella dell’anno che va in archivio. L’ha scattata il papà con un telefonino che mai come in quel giorno era l’occhio dell’anima.
«Samu» ha combattuto contro una malattia difficile da affrontare a 5 anni, in famiglia gli hanno spiegato che si chiama «zizzania» e lui l’ha sfidata con il coraggio dei grandi, aggrappandosi alla forza che dà l’amore per il calcio e per il cavalluccio marino. La squadra granata, come già fece per altri bimbi, l’ha “adottato” come mascotte e gli ultras della Curva Sud Siberiano l’hanno fatto sentire uno di loro, perché quei gradoni sanno esser pure casa, rifugio e famiglia. In questa cartolina di vita, che arriva da uno stadio ma in cui non si vede il pallone, Samuele è simbolo di quanto il calcio possa esser molto più d’un gol segnato o subìto, d’una vittoria conquistata o sfumata, d’una promozione coronata o inseguita invano. Non c’è retorica, solo realtà, a troppi forse sconosciuta mentre ci s’imbatte nei soliti stereotipi e si rincorrono noiose ossessioni sempre legate ai risultati del campo.
Bene intendersi, contano anche quelli. La Salernitana nel 2017 ne ha ottenuti alcuni importanti, altri assai deludenti. Su tutti, ovviamente, ha vinto due derby con l’Avellino, che da queste parti non son mai partite banali, scrivendo con la penna della storia la firma di Minala al 96’ su una gara del Partenio che ha riaggiornato almanacchi d’emozione impolverati da 24 anni. Ha sognato i playoff per la serie A (almeno un “quartino” di finale) nei primi mesi dell’anno, salvo poi restarne fuori. È ripartita, in un nuovo campionato dagli obiettivi indefiniti e mutevoli, con un po’ di scetticismo d’incanto svanito nella suggestione d’una classifica finalmente intrigante, salvo poi (ri)vederla sgonfiarsi, con i granata cristallizzati nella terra di mezzo.
Si ricomincerà da lì, nel 2018, con la speranza d’inseguire traguardi più ambiziosi. Li reclama una piazza che chiede solo d’infiammarsi per alimentare il sacro fuoco dell’entusiasmo e coinvolgere un popolo intero, però che nel frattempo sa far comunque numeri da spavento, in casa e fuori, anche quando lotta per nulla. Perché la Salernitana, per chi la ama, non ha bisogno di ragioni. È – semplicemente – una ragione. Buon anno.