di DARIO CIOFFI
Alle porte d’un “circolo virtuoso”. Lotito e Mezzaroma sono lì. O forse ci sono già entrati. Sì, perché adesso la Salernitana può “mantenersi da sé”. È capace – se ben gestita – di vivere di quel che incassa. È in grado pure di provare a fare utile, parola che per anni all’ombra del Castello d’Arechi è stata, per forza di cose, dolce utopia.
Ora è un dato di fatto. È il racconto d’una lettura, superficiale quanto si vuole (gli “esperti” ammoniscono sempre sulla complessità della materia economica, però i numeri son quanto di più oggettivo esista al mondo), del Bilancio granata al 30 giugno 2017. Per la prima volta da quando la “nuova” società nacque sotto il nome Salerno Calcio, era l’estate rovente del 2011, l’esercizio annuale si chiude in attivo. Spiccioli, certo, appena 3mila euro, la cifra che un italiano medio spenderebbe per una vacanza con famiglia al seguito dopo essersi fatto un “cuore così” tutto l’anno, ma il particolare che vede sparito quel “segno meno”, che s’era ripetuto per un lustro, è un indizio estremamente rilevante. Carico di significati.
È l’effetto serie B, il campionato che la Salernitana gioca per la terza stagione di fila. I numeri riportati oggi sui quotidiani la Città e il Mattino, su spese e ricavi, sono ovviamente riferiti al torneo precedente (il secondo tra i cadetti), quello chiuso con la salvezza conquistata da Bollini, e (di)mostrano che anche in una stagione dai costi abbastanza alti (12 milioni e 985mila euro in tutto spesi, di cui quasi 8 milioni per il costo del personale) si può “andar pari” grazie agli introiti.
Rispetto al passato c’è un dato in controtendenza: meno incassi derivati dalle partite all’Arechi. Nessun crollo, sia chiaro, perché i 2 milioni e 82mila euro arrivati dalle tasche dei tifosi segnano sì un decremento di circa 600mila euro rispetto al 30 giugno 2016, ma vanno letti come calo fisiologico al tramonto d’una stagione in cui, alla fine della fiera, i granata lottarono per nulla, accarezzando solo per un po’ il sogno playoff, mentre l’anno prima, neppure troppo paradossalmente, la salvezza strappata al fotofinish, rincorrendo i playout per “sopravvivere” con il respiro corto, accentuò pathos e partecipazione della gente nelle ultime giornate. Il contributo del pubblico resta rilevante, però spiccano e colpiscono maggiormente, come elementi d’assoluta novità, gli oltre 3 milioni e mezzo di diritti televisivi e d’immagine, i 2 milioni e 70mila euro (oltre un milione in più d’un anno fa) incassati dalla Lega B per la mutualità, le sponsorizzazioni che crescono (661mila) e qualche buona plusvalenza che fa cassa (hanno fruttato 580mila euro le cessioni di Empereur e Caccavallo).
Eccolo, il circolo virtuoso. La Salernitana lo scopre per la prima volta, dopo aver dovuto obbligatoriamente spendere, spendere e spendere ancora, perché c’era da vincere prima in serie D, poi in C2, quindi in terza serie. Il primo campionato di B – Bilancio del 30 giugno 2016 alla mano – la società lo chiuse in profondo rosso: netto negativo d’un milione e 346mila euro. Adesso iniziano ad entrare soldini in cassa, e non è un caso che nelle “proiezioni” future si faccia esplicito riferimento, nero su bianco, ai 3 milioni e 350mila euro incassati per le operazioni in uscita effettuate dopo l’approvazione dei conti fino a metà 2017, soprattutto in virtù dell’acquisizione da parte del Benevento del cartellino di Coda.
Insomma, fin qui, ed è impossibile negarlo, piaccia o meno, per Lotito e Mezzaroma (co-proprietari rispettivamente con Omnia Service One e Morgenstern) è stato un gioco a perdere. Ora non più. Certo, a voler ridurre la complessità della gestione d’una società di calcio a semplificazione da “uomo qualunque” (ch’è poi il titolare morale della passione per il pallone e il vero motivo della sua notorietà), occorrerà spender bene per far quadrare i conti e magari trasformare quel “segno positivo” irrisorio in un attivo da reinvestire in sogni di gloria, però il cambio di rotta raccontato dai numeri nudi e crudi è assai più d’una sensazione figlia d’un sentito dire.
E a restar nel sano e beato dibattito da strada, che spesso dice il vero, Salerno non ha ancora espresso in pieno il suo potenziale d’una partecipazione popolare che chiede d’esser stimolata, sollecitata, accompagnata a una suggestione che genera mobilitazione. Perché il “circolo virtuoso” di cui la Salernitana è entrata a far parte dà (altre) grandi opportunità. Da provare per credere…