L’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti, da ieri è rinchiuso nella casa circondariale di Salerno-Fuorni. Gli uomini della sezione operativa della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, diretti dal tenente colonnello Giulio Pini, hanno eseguito l’arresto dopo che la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dai legali del politico scafatese contro la decisione dell’arresto emessa dal Tribunale del Riesame di Salerno lo scorso anno (leggi il servizio).
Aliberti è indagato per scambio di voto politico-mafioso per le elezioni Amministrative del 2013 a Scafati e, assieme alla moglie Monica Paolino, per le Regionali del 2015, dove la consorte fu eletta consigliere della Regione Campania. Contestualmente all’arresto dell’ex sindaco, sono state notificate nel carcere di Salerno, dove sono detenuti per altri reati, le misure cautelari per Luigi Ridosso (in carcere) e Gennaro Ridosso (domiciliari). Aliberti è stato condotto negli uffici della Dia del capoluogo per le formalità di rito e successivamente è avvenuto il trasferimento in carcere.
Quello che si è consumato ieri è un capitolo cruciale dell’inchiesta “Sarastra” coordinata dalla Procura Antimafia di Salerno, pm Vincenzo Montemurro. A seguito delle attività di indagine, il 21 marzo 2016 il Prefetto di Salerno – su delega del Ministro dell’Interno – ha nominato una Commissione con il compito di svolgere mirati accertamenti diretti a verificare eventuali condizionamenti e infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nell’ambito dell’attività gestionale ed amministrativa del Comune di Scafati.
Dopo le risultanze emerse nella relazione conclusiva, prodotta dalla Commissione e inviata dal Prefetto di Salerno – per le determinazioni di competenza – al Ministro dell’Interno, in data 27 gennaio 2017 e su conforme proposta del Viminale, il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata del Consiglio comunale di Scafati. Il 30 gennaio 2017 il Presidente della Repubblica ha nominato la Commissione Straordinaria che tuttora amministra quell’Ente locale nella città dell’Agro.
Monica Paolino, consigliere regionale della Campania e moglie dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, ha affidato a una lettera la sua reazione. Di seguito, ecco il testo integrale della nota.
«Sono state le ore più lunghe della nostra vita. Abbiamo atteso le disposizioni dei giudici senza mai abbandonare la speranza, forti della verità che ci portiamo dentro. Ho creduto fino all’ultimo minuto nell’esistenza di una Giustizia sovrana, incondizionata, e voglio credere ancora, anche di fronte a quello che ritengo un grandissimo ‘abbaglio’, che da qualche parte, in questo mondo, possa davvero emergere la verità, quella che si evince dai fatti, dalle intercettazioni, dagli atti.
Pasquale è mio marito. Il padre dei miei figli, l’uomo che amo. Sono amareggiata, è vero. Desideravo che mio marito affrontasse il processo da uomo libero, era un suo diritto! Pur rispettando le decisioni dei giudici, provo un profondo sconforto per questa ennesima umiliazione della misura cautelare, una ferita che sarà difficile da rimarginare.
Il nostro, è un dolore che non ha niente a che vedere con la politica e con le chiacchiere da bar, ma un dolore che abbiamo vissuto in silenzio, nelle quattro mura di casa, guardando negli occhi i nostri figli, spiazzati e devastati come noi per quello che abbiamo subito. Un dolore che non mi sento di augurare neanche al mio peggior nemico, perché i figli non dovrebbero mai soffrire, non dovrebbero mai vedere i propri genitori piangere, mai. E’ contronatura.
Ai miei figli ho detto di continuare a studiare, di camminare a testa alta, e di essere orgogliosi di avere un papà come Pasquale Aliberti, un uomo da prendere come esempio per la sua tenacia, la sua passione, un sindaco che ha portato in alto il nome di Scafati. È con questa consapevolezza che, pur nutrendo ancora fiducia nella giustizia, continuo la mia battaglia di verità, con coraggio, con determinazione, convinzione.
Non mi arrenderó mai».