di ALESSANDRO MOSCA

Le fotografie osé dell’ex fidanzata, della sorellina minore di 12 anni, di ragazze minorenni sottratte dai loro profili social. Migliaia di immagini e video, catalogati in cartelle dai titoli capaci di “soddisfare” tutti i gusti e le richieste, e creare un vero e proprio archivio dell’orrore. Smantellato, questa mattina, dagli agenti della polizia postale di Salerno che su input della locale Procura hanno chiuso “La Bibbia”, il “catalogo” di scatti e registrazioni spesso ritraenti minorenni diffuso in rete da tantissimo tempo, portando all’arresto di tre persone e all’iscrizione nel registro degli indagati di altri 33, accusati a vario titolo di detenzione di materiale pedopornografico. Ben 200 agenti della polizia postale sono stati impegnati nelle perquisizioni che, partite da Salerno, hanno riguardato ben 14 regioni d’Italia. Un sistema radicato e conosciutissimo a cui nessuno, finora, ha mai voluto mettere un freno.

La genesi dell’inchiesta
Tutti sapevano ma nessuno denunciava. La presenza dell’archivio “La Bibbia” era nota a moltissimi giovanissimi: sui social, infatti, il catalogo delle foto piccanti rubate a ragazzine ignare era notissimo e in tanti facevano di tutto pur di accedere a quelle cartelle “proibite” per osservare quanto di loro gradimento. Voci che erano arrivate anche agli agenti della polizia postale di Salerno – che hanno svolto l’intera attività investigativa – dopo la denuncia di un uomo che ha segnalato la presenza dell’archivio “labibbia3.0” contenente i files illeciti. Il lavoro degli inquirenti ha permesso di scoprire che i responsabili della “catalogazione” delle immagini cambiavano spesso server dove conservare il materiale, provando così a sfuggire ai controlli.

Le indagini
La denuncia presentata da un comune cittadino ha permesso agli agenti della postale di scoprire tutti i meccanismi di un sistema perverso. Lo scambio del materiale foto e video avveniva attraverso le chat private: chiunque poteva contattare i responsabili dell’archivio, identificabili tramite pagine e gruppi di un noto social network, e “passare” i files. Un lavoro portato avanti da una cinquantina di persone (tutte identificate con l’acquisizione dei messaggi delle chat), capaci di aggiornare continuamente il materiale pedopornografico ed eludere i controlli cambiando continuamente il server dove custodire l’archivio (prima del blitz, infatti, “La Bibbia” era giunta alla versione 5.0). Ancora più grave, poi, sarebbe la condotta di un tecnico di computer che, secondo quanto verificato dagli agenti della polizia postale, si sarebbe appropriato del materiale estrapolando i file dai supporti elettronici in riparazione nella sua attività commerciale. Una volta entrati nel “sistema” si poteva consultare una vastità enorme di documenti in cui si potevano osservare giovani donne, prevalentemente adolescenti, nude o in pose provocanti. Per agevolare la consultazione, poi, foto e video venivano divise in cartelle, ognuna con un titolo “capace” di attirare la curiosità secondo i propri gusti come “Le Instacagne” o “Non sapevo che fossi minorenne”.

La gogna e l’annientamento psicologico
La gravità della condotta dei creatori dell’archivio pedopornografico più vasto d’Italia scoperto negli ultimi tempi non sta soltanto nella diffusione on-line delle foto e dei video osé. In alcuni casi, infatti, sono riportati tutti gli elementi utili per l’identificazione della persona immortalata: accanto allo “scatto rubato” spesso sono comparsi nomi e cognomi, email e città di provenienza. Persino i numeri di telefono. Un dettaglio non da poco per la Procura di Salerno: «Le condotte illecite contestate agli indagati non possono, però, semplicemente ricondotte alla sola creazione del più grande archivio pedopornografico e pornografico sul territorio nazionale ma anche nell’annientamento psicologico delle giovani vittime ritratte nelle foto e nei video», si legge nel dispositivo a firma del Procuratore Capo di Salerno, Corrado Lembo. «L’obiettivo ulteriore degli indagati consisteva, infatti, nel rendere possibile, attraverso l’identificazione, ogni forma di molestia e di gogna mediatica».

Notizie Simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *