di ALESSANDRO MOSCA

Tutti sapevano, ma nessuno denunciava. È il ritornello che s’ascolta da ieri mattina quando la Procura di Salerno ha reso noto di esser riuscita a chiudere il cerchio dell’inchiesta la “Bibbia”, l’archivio degli orrori contenente centinaia di immagini e video pedopornografici, arrestando tre persone, ritenute a capo dell’organizzazione, e iscrivendo altri 34 nel registro degli indagati (clicca qui per i dettagli).

Il dramma di Roberta

Una “storia” che andava avanti da diverso tempo. Da anni. E che soltanto saltuariamente era uscita fuori. Come nel maggio del 2016, quando una giovane raccontò la sua storia a Fanpage dopo aver scoperto di essere finita nell’archivio osè. «Ero all’università e iniziai a sentir parlare di questa “Bibbia”. Mi informai e vidi che fra i file e i video contenuti c’erano anche mie immagini», disse la giovane che nel servizio a cura di Carmine Benincasa si fece chiamare col finto nome di Roberta. «Quegli scatti li mandai al mio ragazzo dell’epoca: avevo 14 anni, adesso ne ho più di 20. Ero al primo liceo, fra noi c’era una certa complicità. Non avrei mai pensato che quelle fotografie potessero finire online». Un racconto drammatico: «Mi è crollato il mondo addosso – continua Roberta -. Sono tornata a vivere un incubo: all’epoca, infatti, quelle foto girarono fra varie persone e avevo anche pensato di tagliarmi le vene», spiegò la giovane sottolineando di esser riuscita a superare quel momento terribile soltanto grazie all’aiuto del suo fidanzato. «Ho deciso di parlare e raccontare la mia storia perché tante ragazze come me non sanno neanche di essere finite in quest’archivio. Chi ha prodotto questa cosa può essere soltanto un pazzo».

I dati impressionanti su file e accessi

Nel servizio di Fanpage viene svelata anche la facilità con cui si potevano recuperare i link per accedere alle piattaforme che si sono succedute nel tempo. Bastava chiedere ad alcuni utenti presenti nei gruppi “appositi” di un noto social network per entrare a contatto con migliaia di file a cui si poteva accedere – dopo una procedura particolare – soltanto tramite uno smartphone. E già all’epoca della “Bibbia 3.0” – al momento del blitz si era arrivati alla quinta versione, tramite aggiornamenti efficacissimi – i numeri dell’archivio erano impressionati: i file erano oltre 10mila, divisi in ben 507 cartelle dai titoli “accattivanti” in cui venivano distinte le varie categorie di immagini e video. Ancora più impressionanti erano i numeri degli accessi: nei momenti di punta della giornata, infatti, si potevano contare addirittura 50mila contatti all’ora.

La truffa degli orrori

Dati da paura che alimentavano anche altri fenomeni. La fama della “Bibbia” si era così tanto diffusa da spingere addirittura qualcuno a lucrare per dare gli accessi. Su Youtube, infatti, negli scorsi mesi sono comparsi diversi link di video che promettevano di “regalare” il prezioso accesso. Il frame, invece, terminava senza dare alcuna informazione, consentendo così al “truffatore” di ottenere una visualizzazione e, quindi, di monetizzare ingannando l’utente a caccia dell’archivio degli orrori.

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