di DARIO CIOFFI
È un caos calmo. Come il mare su cui s’affaccia l’Arechi. Piatto. Immobile, a guardarlo da lontano. Che se ne sta lì, in un soleggiato sabato di fine inverno, senza dare né chiedere fastidio al mondo. A raccontarla tutta, la Salernitana che esce con un punticino dallo scontro salvezza – difficile e azzardato attribuire altra etichetta – contro la Pro Vercelli è assai meno incantevole, eppure la sensazione che trasmetta è la stessa di quella tavola blu che non si smuove.
Sì, lo 0-0 dei granata contro i bianchi di Grassadonia, incerottati di brutto e però capaci d’infilare il quarto risultato utile di fila, è pure nel contorno. Nel traffico che si decongestiona subito, non per brillanti e innovativi piani di viabilità, ma perché di gente ce n’è pochissima (6752 presenti, ammesso che ci siano tutti gli abbonati). Nella rabbia stanca e neppure troppo schiumata della gente. «Lotito, meritiamo di più», urla la Curva Sud dopo il 90’, mentre il resto del pubblico già sfolla, della serie: fuggiamo da questo (sportivissimo) strazio.
Piove qualche fischio, neanche granché. È fuga dagli spalti, da un amore che per antonomasia appassiona, avvicina, aggrega, e che invece pare sfumare come i sogni di veder la Salernitana recitare un ruolo non di comparsa in questo campionato. Con l’aria che tira, e marciando di questo passo, il pathos rischia d’esserci per tener lontana la zona playout, ma intanto il pari contro la Pro Vercelli certifica l’amarissimo disincanto d’una piazza spenta da una squadra monocorde, incapace di scuotersi, riscattarsi, vincere.
Tra le pieghe di quest’umanissimo sconforto, accentuato forse dai 45 minuti di silenzio spettrale per la (civile) protesta degli ultras dopo il Daspo di gruppo di Palermo, c’è una partita che i granata – giusto sottolinearlo – meriterebbero di far propria. Però gira così. Male. E neanche la sorte, a volte, sembra girarsi a caso…