Sequestro milionario nel Salernitano. Nella mattinata oggi, la Sezione Operativa della Dia di Salerno ha eseguito una misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale di Salerno, su proposta del Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, nei confronti di un imprenditore (classe 1966) già noto alla giustizia, operante nel settore delle onoranze funebri ed elemento ritenuto contiguo allo storico clan camorristico Marandino, tuttora attivo a Capaccio Paestum e in altri Comuni della Piana del Sele. Con lo stesso provvedimento, il Tribunale di Salerno ha anche disposto la confisca, previo sequestro, di beni e partecipazioni societarie intestate sia al coniuge che ad altre due persone.

Gli accertamenti patrimoniali, disposti dal Direttore della Dia nell’ambito dei poteri riconosciutigli dal codice antimafia, scaturiscono dall’analisi delle diverse vicende processuali che, nel tempo, hanno interessato l’imprenditore. A suo carico, infatti, già nel 2003 figura una condanna del Tribunale di Salerno per il reato di bancarotta fraudolenta, condotta delittuosa che lo stesso ha reiterato nel 2008, con analoghe conseguenze adottate dal Tribunale di Napoli. Particolarmente significativa – spiega la Dia – per delineare il profilo criminale del soggetto risulta inoltre, nel 2014, l’attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Salerno e coordinata dalla Dda del capoluogo – che portò all’operazione “Parmenide” – al termine della quale l’imprenditore è stato tratto in arresto, unitamente al leader del gruppo e ad altre persone, perché tutti ritenuti organici a un’associazione di tipo mafioso dedita alle estorsioni e al prestito di danaro dietro corresponsione di tassi di interesse usurari, mediante condotte poste in essere con l’aggravante del metodo mafioso.

In particolare, al riguardo, il Tribunale di Salerno ha evidenziato significativi elementi di responsabilità a carico dell’imprenditore sia nella partecipazione alla consorteria di camorra, sia nel tentativo di estorsione perpetrato dal medesimo nei confronti di un imprenditore locale, anch’egli titolare di una ditta di onoranze funebri, settore particolarmente delicato in cui il clan aveva deciso di investire, al fine di creare una sorta di monopolio nei territori di Agropoli e Capaccio Paestum. Per la vicenda in argomento, l’imprenditore è stato condannato in primo grado alla pena di anni 6 e 4 mesi di reclusione, poi ridotta in Appello e pendente tuttora in Cassazione.

Il Tribunale di Salerno-Sezione Misure di Prevenzione ha disposto la confisca, previo sequestro, di una società di onoranze funebri (con 12 autovetture integranti il patrimonio sociale), di un’associazione volontaria di pubblica assistenza (con 4 autovetture tra le quali una lussuosa Bentley “Arnage”, 13 ambulanze e un carro per il soccorso stradale), di un immobile costituito da diversi locali commerciali, di un’autovettura Maserati  e di diversi rapporti bancari riconducibili all’imprenditore e alle due società, per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro.

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