Truffavano gli anziani in tutta la regione, finiscono in manette otto persone. L’operazione è stata effettuata dai Carabinieri della Compagnia di Caserta che hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura coercitiva emessa dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura. Cinque indagati sono finiti in carcere, altri tre agli arresti domiciliari. Le indagini effettuate dai militari hanno consentito di accertare almeno 86 episodi di truffe realizzate in tutte le province campane. L’ordinanza di custodia cautelare costituisce l’epilogo di una complessa, articolata e meticolosa attività investigativa avviata agli inizi del 2017 e realizzata attraverso i tradizionali strumenti investigativi.
Gli accertamenti effettuati dagli investigatori hanno consentito di ricostruire circa 90 episodi tra truffe consumate e tentate ai danni di persone anziane, naturalmente vulnerabili proprio a causa dell’età avanzata; nonché di calcolare in circa 100.000 euro l’ammontare complessivo del profitto illecito conseguito, rappresentato da denaro contante, gioielli e monili in oro.
L’organizzazione della struttura criminale era organizzata in due livelli: il primo, composto dagli associati preposti all’individuazione delle vittime, alla raccolta d’informazioni sulle loro quotidiane abitudini di vita, alla pianificazione della truffa ed al coordinamento di tutte le attività propedeutiche e strumentali alla fase esecutiva della truffa; il secondo, ma non meno importante livello, composto dai soggetti preposti all’esecuzione delle truffe.
L’ingegnoso sistema di raggiro utilizzato dal sodalizio criminale prende il nome di “truffa del pacco” e si fonda sulle consolidate capacità di raggiro e persuasione acquisite dai truffatori. Il ruolo principale veniva, infatti, svolto al telefono dai capi dell’associazione che si occupavano di individuare le vittime (di solito persone in età avanzata e che nella maggior parte dei casi vivono da sole) e acquisire i numeri telefonici. Gli stessi procedevano poi a contattare telefonicamente la vittima, cui si presentavano come loro figli o nipoti in modo da instaurare un colloquio di tipo familiare e superare la resistenza psicologica degli anziani. Una volta che la parte offesa era stata convinta a parlare con un suo (falso) parente, proseguiva la seconda parte del raggiro, attraverso la rappresentazione di un temporaneo stato di difficoltà del finto familiare per il ritiro di un “pacco urgente”, che un corriere sarebbe passato a consegnare, previo versamento di una somma di denaro, oscillante tra i 1.000 e i 3000 euro. Somme di denaro che potevano essere corrisposte anche con gioielli o preziosi in caso d’indisponibilità di denaro contante.
Ottenuto l’assenso da parte della vittima, mentre quest’ultima veniva trattenuta al telefono per evitare che potesse contattare familiari o conoscenti, entravano in azione gli esecutori materiali della truffa, generalmente due persone, i quali, sulla base delle informazioni acquisite dai basisti, raggiungevano l’obiettivo. A questo punto, uno dei due, fingendo di essere il citato corriere, si presentava agli anziani e consegnava il pacco, contenente di solito un bagno schiuma o dei calzini, ritirando, in cambio, la somma pattuita, mentre il complice rimaneva nelle vicinanze a bordo dell’autovettura con funzioni di palo. Un sistema ben rodato e che, soltanto grazie al lavoro delle forze dell’ordine, è stato possibile smantellare.