di DARIO CIOFFI

Siccome ho letto tante versioni, do anch’io la mia sul rincaro di alcuni prezzi per Salernitana-Verona, personale e libera come sempre, sia che ne parli informalmente o per lavoro.

Premessa (perché senza la premessa non si capisce): io negli stadi di calcio farei pagare biglietti simbolici, essendo la materia popolare per eccellenza, e per com’è oggi ridotto l’Arechi il costo lo abbasserei ulteriormente, sotto la soglia del “simbolo”, visto che uno spettatore di tribuna mette il sedere sul cemento; insomma, essendo mal ridotto il contenitore resta solo il contenuto e non mi pare che in serie B ci siano CR7 da ammirare.

Detto ciò, il dibattito sul ritocco delle tariffe mi appassiona poco non perché non sia legittimo (anzi!) ma perché mi dà l’idea della piazza che vuole ripiegare sulle “scuse”, sulle polemiche per forza. E (ri)premesso pure che faccio un mestiere che di polemiche si nutre, e che il pubblico salernitano nella mia personale e anti-ruffiana visione non ha nulla da dimostrare a nessuno (anche se lo fa ogni settimana con numeri importanti, che non sono di questi tempi né di questa categoria), non mi piace il volto “lamentoso” che annuncia – gioco di parole voluto – il “poi non si lamentino”.

Il tutto dopo che è stata varata una campagna abbonamenti – non presentata, poco “spinta”, tutto quello che volete, l’ho pensato e scritto anch’io – a prezzi molto bassi, che dava modo anche a chi non ha la certezza di poter seguire tutte le partite di rientrare abbondantemente nei costi sostenuti. La risposta, nel tanto atteso anno del centenario, è stata di 4mila sottoscrizioni, meno di quante ce ne furono in serie C qualche stagione fa.

Ci sarà sempre un buon motivo per non andare allo stadio: d’estate il caldo, d’inverno il freddo, di sabato i negozi aperti, di domenica le famiglie da coccolare, il pomeriggio gli uffici, la sera le cene, gli obiettivi troppo bassi o i prezzi troppo alti.

Nel calcio sono i risultati a spingere “le masse”, ovvio, sennò gli stadi non si riempiono, ma nell’attesa di capire se arriveranno o meno va allontanato lo scoramento immediato, diffuso, che serpeggia in questi giorni dinanzi a un campionato iniziato da cinque giornate.

Anch’io rifiuto i generici “pensiamo solo a…”, ché il pallone è bello perché fa discutere e appassionare tanta gente, altrimenti se lo guarderebbero solo loro che ci giocano. Però piano-piano.

Lo chiamano equilibrio, pure se chi lo frequenta rischia d’esser fuori moda.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *