di DARIO CIOFFI
L’enfant prodige è sbocciato qui. Perché ognuno ha una storia e quella di Nicolò Zaniolo, 19enne di Massa e astro nascente del calcio italiano dopo essersi in pochi mesi preso sulle spalle la Roma, comincia a Salerno. Sì, nel quartiere Torrione, sul campo dell’azienda del gas. I primi gol, questo baby fenomeno che fa parlare di sé il mondo intero, li ha segnati lì. Era un bimbo di cinque anni, un figlio d’arte – si diceva – essendo il padre, Igor Zaniolo, attaccante della Salernitana ch’era allenata allora come ora da Angelo Gregucci (coincidenze del destino).
Genesi d’una carriera con le stimmate del campione. Anno – mica di grazia per i colori granata – 2004: il centravanti dell’ippocampo e la giovanissima moglie Francesca Costa decisero che per il figliolo era tempo di seguire le orme paterne. In realtà il piccolo Nicolò moriva dalla voglia. Tirava calci al pallone in casa distruggendo tutto (e un giorno finì pure in ospedale dopo aver “fatto gol” sul televisore, che gli cadde addosso). Si sussurra, e forse non è mera leggenda metropolitana, che quella stagione di papà Igor con il cavalluccio marino sul petto fece la sua parte, accentuando nel piccolo Zaniolo la voglia d’emulare il suo primo idolo. Del resto, se visiti la Spagna scopri il desiderio di paella e in America non puoi non andare al McDonald’s. Così, a Salerno è difficile non farsi contagiare dal calcio, perché si respira nell’aria, se ne parla una giornata intera, te lo raccontano persino i muri. Una dolcissima ossessione.
Insomma, era tempo di cominciare. Enrico Coscia, all’epoca responsabile del settore giovanile granata più fertile della storia ormai centenaria del club, gli aprì le porte della sua scuola calcio, la celebre Maria Rosa. Primo turno di “lezione”, ma a quell’età sarebbe più corretto parlare semplicemente di gioco, dalle quattro alle cinque del pomeriggio. Ad accogliere Nicolò sul “campo del gasometro” – come lo chiamano molti salernitani – fu Enrico Anastasio. È stato lui, ora alla Coscia Football Academy, il primo allenatore dell’astro nascente dell’Italia del pallone. «Lo accompagnava Francesca, madre giovanissima, attenta, felice nel vedere suo figlio divertirsi insieme ai coetanei. Quando poteva veniva anche Igor. Dissi a entrambi che avevano in casa un piccolo talento. Era evidente, mostrava una predisposizione fuori dal comune. Doveva per forza di cose diventare un grande calciatore», ricorda il tecnico che “battezzò” Zaniolo junior in maglietta e pantaloncini.
Di più: a mamma Francesca, spezzina ma simpatizzante romanista già un ventennio prima che il figlio arrivasse a vestire il giallorosso, Anastasio rivelò che «Nicolò mi ricordava Totti». E così, «quando ho visto ch’era arrivato per lui il momento di calcare il prato dell’Olimpico, in serie A, ho scritto un messaggio alla madre rammentandole che non mi ero sbagliato».
Mister Enrico ha memoria nitida del suo ex baby calciatore: «Faceva gol indifferentemente di destro e di sinistro. Però, al di là di questo, impressionava la passione che metteva in campo. D’inverno, in certe giornate gelide, i genitori degli altri bambini preferivano lasciare i figli a casa per evitare che si ammalassero. Lui invece pretendeva di venire lo stesso. E se pure all’allenamento erano soltanto in due, non voleva saperne di rimettersi in auto senza giocare».
Oggi Zaniolo junior è una delle stelle più lucenti della “nuova generazione pallonara” d’un Paese che cammina tra le macerie della mancata qualificazione al Mondiale di Russia 2018. Non è più figlio d’arte, anzi è il “vecchio” Igor adesso un papà d’arte, mentre la bella Francesca si becca i rimproveri del figlio per i troppi selfie scattati.
È diventato già grande, Nicolò. L’evoluzione d’una storia dalla genesi salernitana. Certo, poi continuata altrove (tra Liguria, Firenze e Milano, dove è stato campione d’Italia Primavera con l’Inter), e però con quell’inizio sempre impresso nella mente. Salerno, la scuola calcio Maria Rosa, i primi gol a Torrione. L’enfant prodige è sbocciato qui.