di EDOARDO CIOFFI

Sono trascorsi trentacinque anni, eppure nelle Curve italiane il ricordo di Stefano Furlan è sempre fulgido. Durante Salernitana-Benevento, friday night della quarta giornata di ritorno della serie B, entrambe le tifoserie campane hanno onorato la memoria del supporter della Triestina passato alla storia per una tragica vicenda che, nel 1984, lo vide sfortunato protagonista.

L’8 febbraio di trentacinque anni fa, infatti, al termine di un derby di Coppa Italia tra Triestina e Udinese disputato al “Grezar”, vecchio impianto sportivo di Trieste, Stefano Furlan si trovò nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Nel post match tra alabardati e friulani, anche se non si registrarono particolari momenti di tensione tra opposte fazioni, si verificò uno spiacevole episodio a causa di una carica delle forze dell’ordine. Stefano si trovò nel bel mezzo dell’azione perpetrata dagli agenti, uno in particolare, che con il manganello si rese protagonista negativo di quella serata.

L’uomo in divisa, di soli tre anni più grande del 20enne supporter alabardato, non riuscì a moderare la propria foga, colpendo ripetutamente Furlan che, privo di coscienza, fu trasportato in ospedale. Dopo venti giorni d’agonia trascorsi nel nosocomio cittadino, Furlan perse la vita, gettando nello sconforto l’intera comunità triestina. La data che purtroppo passò alla storia, per il tifo triestino ed in generale per il movimento curvaiolo nazionale, fu proprio quella dell’8 febbraio 1984. Stefano Furlan, secondo le testimonianze di amici e parenti, frequentava abitualmente la Curva di Trieste ma non apparteneva ai gruppi ultras. Da allora, il ragazzo triestino è divenuto però icona degli ultras alabardati, i quali dai gradoni dello stadio “Nereo Rocco” inneggiano sempre al suo nome.

Quella di Furlan, a distanza di trentacinque anni, è ancora una ferita aperta, che sanguina senza possibilità di rimarginarsi. Per molto tempo, infatti, gli ultras alabardati hanno invocato giustizia e verità per Stefano ma dal punto di vista giudiziario, la vicenda si concluse con la condanna ad un solo anno di reclusione con i benefici della legge per l’agente implicato, con il reato di “eccesso colposo nell’uso legittimo di armi”. Un epilogo di una triste storia che ha lasciato l’amaro in bocca ad amici e familiari di Stefano, che però hanno trovato nel mondo del tifo la massima vicinanza e solidarietà. Il direttivo della Curva alabardata – che porta proprio il nome di Stefano Furlan – ogni anno tiene vivo il suo ricordo con iniziative che possano permettere anche ai più giovani di conoscere la vicenda ma da Nord a Sud, tanti sono stati gli striscioni in ricordo del tifoso triestino. Dalle Curve gemellate a quelle rivali, passando per tifoserie senza particolari rapporti con i triestini, la memoria di Stefano Furlan è stata tramandate ed onorata.
Perchè nelle tragedie i colori non contano ed anche trentacinque anni dopo, è importante tener vivo il ricordo d’un ragazzo come tanti, con una fede calcistica, che sognava semplicemente di crescere e diventar uomo.

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