«Il Centenario? Non voglio deludere i tifosi della Salernitana, ma per me questo club è finito ai suoi 86 anni d’età». I ricordi granata di Nello Aliberti sono ancora vivi e, a distanza di quasi cinque lustri dalla scomparsa della società da lui guidata, sprizzano ancora tanta amarezza. Il presidente dell’ultima promozione in serie A è intervenuto a Pellezzano nel corso della presentazione del libro “C’è solo una maglia”, scritto dai giornalisti Umberto Adinolfi e Marco Rarità nell’evento organizzato dalla Pro Loco di Pellezzano presieduta da Luigi Carrella. Cappotto grigio e solito sorriso, Aliberti – accompagnato dall’avvocato Michele Tedesco – ha raccolto l’abbraccio di tanti tifosi e di Luca Fusco, giovane protagonista della cavalcata dei granata nella stagione 1998/’99 e nel successivo campionato di serie A.

Proprio la gara con il Vicenza, quella che con il gol nel finale di Vannucchi riuscì a tenere in vita la scintilla della salvezza, ha fatto commuovere Aliberti. «Era la somma di tante tensioni che si erano sviluppate quella settimana. Sapevamo che quella squadra aveva valori importanti e la rabbia aumentò nel corso della partita perché vedevamo gli avversari che difendevano il pareggio. Ero convinto che con questo gol eravamo salvi, non ci aspettavamo la vittoria del Perugia a Udine. Lì ho iniziato a maturare che si verificano gli estremi della truffa. Quel finale di stagione l’abbiamo pagato molto caro, al dì la della retrocessione. Quel che è accaduto ai quattro ragazzi del rogo del treno non ha spiegazioni», racconta Aliberti prima di lasciarsi andare alle lacrime. Quei momenti, poi, vengono raccontati anche da Fusco: «Quella salvezza poteva aprire uno scenario importante per Salerno, avevamo una squadra giovane e forte. E’ stata una retrocessione amara, sotto tutti i punti di vista. Avevamo un grande presidente, che voleva fare le cose in grande».

L’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano, poi, ricordando la sua esperienza alla guida dell’ippocampo ha parlato anche dell’attualità. Partendo, però, dal passato e da un fraterno amico che non c’è più. «Sono qui per la presentazione di questo libro, un lavoro serio e completo, e perché a questi luoghi mi lega Carmine Longo, uomo che mi ha onorato della sua amicizia e che ricordo sempre con grande piacere. Mi dispiace deludere le aspettative dei tifosi, ma ho motivo di pensare che per me la storia della Salernitana finisce 14 anni fa. Purtroppo per me e quella società fu proclamata la condanna a morte – continua Aliberti entrando nel dettaglio -. Era una società perfetta, non venne iscritta per tutt’altre motivazioni. Dopo 14 anni non ho avuto risposta».

Aliberti, poi, non ha lesinato stoccate nei confronti di chi guida ora il club. «Il co-proprietario della Salernitana è presidente di un’altra società, rilevata per 550 milioni di debiti. Un benefettore. Nessuno gli ha mai chiesto come abbia fatto a diluire quei debiti. Noi volevamo fare la stessa cosa e, nonostante l’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate, non ci fu concessa questa possibilità. A Salerno non ci sono bisogno di lezioni di vita su come si fa calcio, sono “personaggetti”, come direbbe qualcun altro. Questo club ha una storia che non può essere oltraggiata, negli anni ci sono state persone che hanno fatto sacrifici per portare in alto il nome della Salernitana e non solo quegli sforzi meritano rispetto».

I ricordi di un glorioso passato, però, restano: «La mia presidenza è arrivata in un’epoca bellissima, irripetibile. In 11 anni, pietra su pietra, è stato costruito qualcosa di bellissimo, curando quotidianamente una società che nella maniera più assoluta non doveva essere esclusa. Purtroppo tutte le porcherie e le cialtronerie che ho visto negli ultimi 14 anni hanno rafforzato sempre più l’idea che eravamo nel giusto. Il fallimento della mia società è stato provocato», spiega Aliberti evidenziando poi perché si è allontanato da questo sport. «Non c’è più la passione di prima. E’ uno spettacolo televisivo, chi può prende i migliori attori e registi per il pubblico che sta a casa, allo stadio si va sempre di meno. Non posso andare più in nessun altro club, perché ho vissuto Salerno e la Salernitana in una maniera troppo intensa».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *