di DARIO CIOFFI

Tommaso è il più piccolo. Avrà un paio d’anni, non di più. Stringe la mano del papà e attorno alle due e mezzo del pomeriggio guarda da lontano un megafono ch’è ancora spento. Gli hanno spiegato che «si resta fuori» e lui è pronto a far da mascotte alla protesta. Però forse no, a ben (ri)pensarci, non è proprio il più piccolo. Ce n’è un altro tra i manifestanti, di bimbo, che un nome ancora non ce l’ha. Perché nascerà in estate. Lo porta in grembo Simona: lei e suo marito hanno deciso di fargli capire già nel pancione cosa significhi esser tifoso della Salernitana. In quattro parole: quel che l’aspetta. E poi c’è l’intramontabile Rocco, capello bianco, una felpa con su scritto “finché vivrò” e un orecchio incollato alla vecchia radiolina, aspettando un gol che non vedrà, visto che ha scelto di stare assieme agli ultras.
È il miscuglio generazionale del sabato dell’Arechi, mentre i granata fanno 1-1 con il Venezia. I tornelli contano 1912 presenti, minimo storico in campionato dell’era Lotito-Mezzaroma (entrambi i co-patron sono assenti) e però fuori dallo stadio con il nome da principe ce ne sono altrettanti, forse persino di più nel momento di massima affluenza e adesione alla protesta al grido “liberate la Salernitana”. Tanti, disposti dietro un unico striscione, per una città assuefatta, stanca e disincantata.
È un giorno strano. Nei Distinti son stati montati i (tanto agognati) sediolini in metà anello superiore, quella che resta praticamente vuota, perché la maggior parte della (poca) gente presente sceglie i gradoni su cui devi ancora poggiare le natiche sul cemento. Sarà che la Salernitana nel primo tempo attacca verso la Curva Sud, certo, ma con i granata in avanti di questi tempi non c’è granché da vedere. E allora sarà che di solito il pubblico di casa preferisce avvicinarsi al settore più caldo della torcida, che però stavolta è anche il più vuoto, perché fuori si protesta.
Già, fuori. Gli ultras, alle 15 in punto, sono in prima linea. Li contestavano perché non contestavano, a detta d’alcuni tra i loro stessi concittadini, solo che, adesso che l’hanno concordata, annunciata con ampio anticipo e organizzata, la contestazione, al proprio fianco si trovano quasi tutti volti noti. Quelli di sempre. E tutti gli altri che dicevano che «Salerno non si fa rispettare contro Lotito»? Divisi, tra divano e lungomare. Al termine, comunque, verrà ringraziato anche chi è rimasto a casa, per aver aderito alla diserzione.
Ci sono, invece, anche se sembrerebbero c’entrar poco, decine di ultras veneziani. C’entrano, invece, perché l’amicizia e il rispetto, cementatisi e già rinnovati con i salernitani fin dal mattino, portano diversi supporters arancioneroverdi a restar fuori dal settore ospiti nella prima parte della gara, per esprimere solidarietà ai granata. «Siete i benvenuti», gli dicono i rappresentanti della Curva Sud. Al tramonto del primo tempo, invece, nella Nord, dove pure appare netta la divisione (in tre gruppi) interna alla tifoseria dell’Unione VeneziaMestre (scritta e pronunciata così, una parola soltanto), comparirà uno striscione in memoria del Siberiano.
Nel frattempo il sit-in degli ultras della Salernitana s’è spostato sotto la Tribuna. Cori contro patron Lotito e il ds Fabiani, canti d’amore per la maglia e la città. La partita è in corso ma resta mero dettaglio. È protesta forte ma civile. Meno garbato, invece, è il modo con cui uno spettatore in zona vip inveisce contro Schiavi, capitano infortunato dei granata. Offese verbali, attimi di tensione. Il responsabile verrà identificato dalle forze dell’ordine. Il match scorre, i granata pareggiano. Fuori la gente non si ferma. Si fa sentire pure oltre il 90’. D’una gara che nessuno vede. E che però forse è più importante di quella che, intanto, sfuma all’interno dell’Arechi. Tra i fischi. Tanto per (non) cambiare…

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