di DARIO CIOFFI
Sei la birra al balcone della Welten cent’anni fa.
E sei il brindisi di stanotte un secolo dopo.
Sei le bandiere esposte su ogni balcone.
Sei i festoni in mezzo alle strade dove chi arriva pensa che si stia festeggiando una promozione, e invece che ne sa…
Sei una Storia popolare antica, che però ogni giorno si rinnova.
Sei quel giorno del 1919 al civico 67 di Corso Umberto I, l’atto costitutivo d’un popolo intero.
Sei Onesti, Schiavone e quei ragazzi del secolo scorso rimasti eterni pionieri.
Sei la maglia biancoceleste che nessuno ha mai visto, e però ch’è sempre nel cuore di tutti.
Sei il Vianema che cambiò il calcio.
Sei la prima serie A in un Paese che puzzava ancora di Guerra.
Sei il Grande Torino sotto d’un gol al Vestuti, prima del quarto d’ora ordinato da Valentino Mazzola.
Sei la Torino del Sud perché ti chiamavano così, senza dimenticare mai ch’eri e sei sempre stata “femmina e popolana”.
Sei Mattioli che chiede un simbolo e D’Alma che gli porta l’Ippocampo.
Sei l’identità d’una città di mare che respira salsedine e orgoglio pure quando (ed è successo spesso) il destino le toglie l’aria.
Sei le vittorie e le sconfitte, forse le seconde più delle prime, ma chissenefrega.
Sei L’Aquila, la partita ripetuta e l’apoteosi di “Geghe geghe geghegè”.
Sei Tom Rosati e Pierino Prati.
Sei Bruno Somma e Bruno Carmando.
Sei Peppino Tedesco e Peppino Soglia.
Sei le collette fuori al Vestuti per evitare la messa in mora.
Sei Ciro che butta fuori il padre col biglietto ridotto perché se non paga l’intero muore la Salernitana.
Sei Mullechella in mezzo ai primi tamburi.
Sei il Bar Nettuno e il Real.
Sei i Panthers e i Fedelissimi.
Sei le illusioni e i risvegli.
Sei il sogno e il tormento.
Sei Di Bartolomei che – ipse dixit – “rallentava il gioco perché giocava la palla di prima”.
Sei Ago, sempre lui, capitano e traghettatore fuori dall’inferno della C.
Sei il Vestuti del 3 giugno 1990.
Sei Ansaloni e l’Arechi che nasceva.
Sei “Salernitana Bersagliera” e le prime scenografie.
Sei il bandierone coi cavallucci e le fanzine a macchina da scrivere.
Sei la Granata South Force e tutti i figli che nacquero da quella madre.
Sei Andrea che lanciava i cori e i ragazzi che li imparavano studiando la scuola del Cucs.
Sei Ciccio con la maglietta Antonio Amato che inizia con “State tutti attenti che”.
Sei il Siberiano che picchia duro e quel tamburo che va da sé.
Sei il pianto dopo Marulla.
Sei gli scioperi contro Casillo.
Sei il ritiro di Lagonegro e Rossi col berretto verde.
Sei Breda al 76’ e Minala parecchio tempo dopo.
Sei l’Olimpico di “Guidaci ancora Ago” e il “torneremo in serie B” al gol della Lodigiani.
Sei Aladino e Topolino che aprono il sipario.
Sei quel ragazzo che s’arrampica come una scimmia per buttar giù lo striscione che s’è incagliato e per dirti che sei “Benvenuto nel mitico mondo…”.
Sei Go West che rimbomba in mente, senza però far sfumare Trottolino.
Sei i 30mila del San Paolo e tutto quel che venne dopo.
Sei Pisano, Tudisco e Fresi.
Sei, a voler cominciar come si deve, Chimenti/Grimaudo/Tosto e così via….
Sei la serie A persa due volte.
Sei Delio che se ne va.
Sei Delio che ritorna sotto le stelle Vestuti.
Sei Delio all’ultima Marlboro prima dell’ovazione.
Sei lo 0-3 di Venezia.
Sei il Titanic che affonda con i brutti ricordi.
Sei la festa triste per la tragedia di Sarno.
Sei Dalla con la sciarpa della Nuova Guardia.
Sei il Vikingo che grida “più arrapati”.
Sei Piacenza e quella cicatrice sul cuore.
Sei Ciro, Peppe, Enzo e Simone.
Sei Masinga e i 30mila di “adesso salviamola”.
Sei quel giorno d’agosto sotto al Foro Italico.
Sei Marassi e Pizzighettone.
Sei San Siro e Borgo a Buggiano.
Sei i fallimenti e le rinascite.
Sei la rabbia e la dolcezza.
Sei una notte al mercato in mezzo alla pittura.
Sei Gigi che fa un disegno e un esercito che lo realizza.
Sei Mino che alza una mano e altre 10mila che si tirano su.
Sei Vannucchi di sfondamento, e il singhiozzo subito dopo.
Sei Di Michele che porta al bar la Juve e Di Vaio che gli presenta il conto.
Sei Song all’Olimpico e 15mila cartoncini degli allievi che zittiscono lo stadio dei maestri.
Sei il primo permesso a scuola: un finto mal di testa per Salernitana-Juve Stabia in diretta di sabato su Tele+2.
Sei Armandino in balaustra.
Sei la Curva dei bambini.
Sei Fusco con la fascia di capitano.
Sei De Cesare alla Del Piero.
Sei Strada con il destro o De Silvestro con il mancino.
Sei Lazzaro di tap-in e l’esterno sinistro di Giacomino.
Sei i cortei per l’ippocampo ch’era scomparso.
Sei la pellicola delle Scene da Oscar.
Sei Celeste che non ne ha persa una, però i rigori di Venezia decide di non vederli.
Sei il ritiro d’estate.
Sei il calendario ad agosto.
Sei la dannazione d’ogni Natale ché “tanto a gennaio non arriva nessuno”.
Sei il litigio con gli amici.
Sei l’abbraccio con gli sconosciuti.
Sei i tatuaggi addosso alla gente.
Sei il primo regalo dei nostri figli.
Sei la maglietta d’ogni vacanza.
Sei l’Esperanto parlato da tutti.
Sei “Urlando con il cielo” che finisce come Ligabue non sa.
Sei un tesoro di tradizione in un tempo senza memoria.
Sei il panino diviso in trasferta.
Sei la levataccia del viaggio d’andata.
Sei lo strazio sugli autogrill del ritorno.
Sei il veleno della sconfitta.
Sei l’incanto della vittoria.
Sei tutto questo e molto altro ancora.
Perché sei il 19 giugno d’un secolo fa.
Sei una Storia lunga cent’anni.
E sei la Storia d’ognuno di noi.
Buon compleanno, Unione Sportiva Salernitana.