di DARIO CIOFFI

Il tesoretto c’è. Guai a sprecarlo. L’Universiade che la Campania consegna alla storia, con il compiaciuto sollievo di chi ce l’ha fatta da sola (Governo, Coni nazionale e amici della prima ora si sono sfilati uno per volta lungo la strada), lascia in eredità un po’ d’impianti ristrutturati di cui bisognerà aver buona cura. Perché l’emergenza, da queste parti, è storica, radicata, seria e inquietante, e allora occorrerà evitare di fare come quegli insopportabili piagnoni che lamentano di non aver 5 euro in tasca ma poi ne giocano 20 al “gratta & vinci”.
Faccia a faccia con la realtà: Napoli2019 non è stato, né poteva esserlo, il “paese dei balocchi” in cui dal cielo piovevano fondi per rifare pure le case delle persone. Tutto in 270 milioni di euro. È toccato farseli bastare. Così chi a Salerno sognava di rifare il vecchio Vestuti s’è svegliato già nel cuore della notte, così come gli sfrattati dal mitico Collana, al quartiere Vomero di Napoli, hanno dovuto desistere dall’idea di riavere le proprie palestre. Qualcosa però è stato fatto, e a fronte del nulla di partenza è già un’enormità.
Allo stadio Arechi, per esempio, che di principesco aveva soltanto il nome per le condizioni in cui versava, hanno rifatto il look, e lo stesso è accaduto al San Paolo, teatro sontuoso della cerimonia d’apertura e chiusura. Sediolini ma non solo. Impianti restituiti a uno splendore svanito nell’incuria e nel tempo. Ora sono strutture belle, grazie a un restyling lampo e – si può dire anche se solo sottovoce – forse persino “generoso” nel caso di Salerno, visto che per ospitare il pubblico che effettivamente s’è visto sugli spalti del torneo di calcio sarebbe bastata la tribunetta del vicino campo Volpe. Ovviamente l’Arechi andava adeguato agli standard internazionali e così ora è pronto a tutto: alla Nazionale maggiore, a un grande evento come l’Europeo (si parla con insistenza d’una futura candidatura di Roma), magari alla serie A se la Salernitana si ricordasse di festeggiare sino in fondo il suo Centenario.
La provincia di Salerno ha fatto la parte: l’Università ha aperto i campus a festa e investito sul nuovo PalaUnisa, le città di Nocera Inferiore e Pagani si son ritrovate stadi più moderni (e la Paganese, per coincidenza, proprio grazie al Marcello Torre è stata riammessa dalla Federcalcio in serie C dopo la retrocessione sul campo), Cava de’ Tirreni idem pure se lì il Simonetta Lamberti andava bene per l’Universiade ma non per la Lega Pro (strano, ma vero). Nel già consolidato PalaSele, ormai noto alle platee mondiali della pallavolo, l’Italvolley maschile ha vinto l’oro ed è stato, quello di Eboli, forse il bagno di folla più intenso per una Nazionale azzurra negli sport di squadra assieme a quello per il Settebello della pallanuoto alla Scandone di Napoli.
L’agonismo ha fatto da sé, insomma, e però il lavoro alle spalle è stato sontuoso. Non tutto, è chiaro, ha funzionato alla perfezione, ma (ri)pensando ai giorni in cui – pochi mesi fa, mica un secolo – la Campania s’interrogava su una possibile resa, e cioè su un rinvio dell’evento, parlare di successo nel bilancio finale non è solo legittimo ma pure innegabile. Le 159 gare d’appalto espletate a tempi di record dalla struttura commissariale, con la costante vigilanza dell’Autorità nazionale anticorruzione, rappresentano un esempio emblematico: quando si vuole, si può. Anche al Sud Italia. Così da accentuare il rimpianto ripensando alla ritirata battuta da Roma per l’Olimpiade del 2024, candidatura rimasta fantasma per la paura di non dire un giorno (nella “povera” Capitale d’Italia), come ai tempi del Dopoguerra, che «si stava meglio quando si stava peggio». Il tutto mentre al Nord, con il coraggio e la progettualità, Milano e Cortina d’Ampezzo si son presi i Giochi internali 2026 facendo squadra .
In soldoni: l’Universiade campana è una sfida vinta, ma non basta. Resteranno solo bei ricordi e qualche post sdolcinato sui social se, da domani, gli impianti ristrutturati non saranno curati e se quel processo d’arricchimento, che ogni confronto di respiro internazionale porta con sé, sarà interrotto per tornare al provincialismo in cui ognuno si fa gli affari propri. Sarebbe come prendere una delle 400 medaglie assegnate e buttarla nel cestino.

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