di EDOARDO CIOFFI

Il 4 agosto del 2017 il mondo del tifo si trovò ad esultare per il Protocollo d’Intesa siglato a Roma che di fatto ridimensionò il ruolo della Tessera del tifoso, con l’intento di eliminarla nel giro di tre anni. Il tanto osteggiato programma di fidelizzazione, fortemente voluto nel 2009 dall’allora ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, per limitare la violenza negli stadi, sembrò essere arrivato al capolinea e tanti gruppi ultras italiani dopo anni di battaglie riuscirono a tornare in trasferta. Lo slogan “trasferte libere per tutti” iniziò a prender forma, anche se nelle cosiddette gare “ad alto rischio” l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive del Viminale continuò ad applicare alcune restrizioni. L’obbligo di Card divenne meno frequente ma non cessò d’esistere, specie per le partite più difficili da gestire sotto il profilo dell’ordine pubblico.

Dopo un’annata con tante luci e poche ombre, l’estate scorsa nuovi problemi cominciarono ad attanagliare il mondo delle Curve con l’introduzione del cosiddetto Codice di gradimento, meglio noto anche come codice etico (CLICCA QUI per leggere l’approfondimento sul tema). Una battaglia portata avanti da tanti gruppi organizzati che con striscioni, manifesti e adesivi si opposero all’introduzione di un codice comportamentale reo, anche a detta di diversi legali esperti in materia di tifo, di limitare la libertà personale. Quest’anno, sotto l’ombrellone, un nuovo refrain estivo a “tormentare” gli ultras del Belpaese. Il Senato, infatti, ha approvato il “Decreto sicurezza bis”, provvedimento su cui il Governo aveva posto la fiducia. Un decreto che nasceva per contrastare alcuni fenomeni come l’immigrazione clandestina ma al capo 3 toccava anche le manifestazioni sportive e, dunque, il mondo delle Curve.

L’avvocato Emilio Coppola, legale partenopeo da sempre attento alle questioni riguardanti le normative in materia tifo, in un video diffuso sulla propria pagina social diverse settimane fa, all’indomani dell’approvazione del Decreto sicurezza bis, ha spiegato tutti i cambiamenti che il provvedimento ha portato, soprattutto circa l’articolo 6 della legge 401/89, cioè quello che disciplinava il cosiddetto DaSPO (Divieto di assistere alle manifestazioni sportive).
Nel Decreto sicurezza bis, l’articolo cardine che regolamentava il Daspo è stato completamente riformato. Nella nuova formulazione viene estesa la possibilità a questori e personali di polizia di emanare Daspo non solo per i soggetti denunciati, in occasioni di manifestazioni sportive o anche di risse o cortei in strada, ma anche per i soggetti che hanno incitato alla violenza”. Un’estensione discrezionale che, a detta del legale campano, dà pochissime armi di difesa ai tifosi: “Così facendo, ognuno può censurare o viceversa tollerare determinati comportamenti. Un esempio? Anche un banale gesto dell’ombrello potrebbe costare un Daspo, a seconda della singola questura che andrà a valutare l’episodio”.

Coppola, inoltre, ha enfatizzato l’importanza della riabilitazione amministrativa, cioè la possibilità che ha un soggetto condannato di richiedere la riabilitazione dopo un certo lasso di tempo e a determinate condizioni. In pratica, si tratta di una causa di estinzione delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna.
Alla condanna, infatti, sono connessi effetti di diversa natura civile ed amministrativa che sono spesso ostacolo per l’ammissione a concorsi pubblici oppure importano la perdita di alcuni diritti. “L’aumento della durata del Daspo per i recidivi, che prima era dai 5 agli 8 anni ed oggi va dai 6 ai 10 anni, fa capire quanto sia importante la riabilitazione amministrativa alla questura di competenza. Entrare oggi nello scaglione dei recidivi, equivale alla “morte” del soggetto condannato, non soltanto come ultras”. Tra le altre novità del decreto sicurezza bis, l’istituzionalizzazione della figura del tifoso che viene daspato ma decide di collaborare per identificare altri responsabili dei reati, o presunti tali, che vengano contestati. Per chi collabora, è garantito un considerevole sconto della pena o addirittura una revoca della sanzione stessa.

Infine, l’avvocato Coppola ha sottolineato le differenze tra l’Italia ed altri Paesi, su tutti l’Inghilterra, spesso utilizzata come termine di paragone positivo in ambito di estinzione della violenza negli stadi. “Ci si riempie la bocca di modello inglese, eppure in Inghilterra sono i giudici ad emanare i Daspo nei confronti dei tifosi. Tanti che invocano un modello simile a quello britannico, magari ignorano questi piccoli ma importanti dettagli. Lì si rischia di essere “bannati” dagli stadi, anche a vita, però almeno esiste un contraddittorio e sono i giudici a decidere”.
Intanto, alcuni gruppi organizzati si sono già mossi per contestare il nuovo decreto che potrebbe pesare come un macigno su alcune tifoserie. A Napoli, la Curva B ha posizionato in varie zone della città striscioni riportanti la frase: “Decreto sicurezza bis, la linea dura…a quando la tortura?”, mentre gli ultras del Taranto, durante il match amichevole disputato in ritiro a Polla, hanno affisso alla vetrata lo striscione “No al decreto sicurezza bis”. Striscione simile comparso anche giovedì scorso a Grodig, in Austria, dove nell’amichevole Brescia-Besiktas, gli ultras del gruppo Brescia 1911 hanno voluto esprimere il proprio dissenso verso l’introduzione del nuovo decreto.

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