di DARIO CIOFFI
Sly non è mai stato un capo. Ma sempre un leader. Anzi, «il leader». E fa nulla se il contesto fosse la tifoseria della Paganese, un grand’evento in una capitale del mondo o il team di lavoro d’una multinazionale. Salvatore Francavilla, dottore in Scienze della Comunicazione nel 1998 (tra i primi a concludere quel ciclo di studi all’Università di Salerno), si laureò con una tesi sul movimento ultras. In tre parole: sulla sua vita. La moglie Mena, compagna di sempre («ci fidanzammo nel 1991, ero una ragazzina 15enne») ne parla con gli occhi che luccicano. È il racconto orgoglioso di chi al suo fianco ha condiviso tutto prima che una terribile malattia, scoperta nel 2015, se lo divorasse in un anno, quando lui ne aveva 42.
Sly non c’è più, e però per Pagani – ma non solo – è rimasto un punto di riferimento. Un leader senza tempo (né retorica). «La mente» d’un fenomeno che nasceva nel calcio, ma andava molto oltre. Nel suo ricordo, venerdì 30 novembre, al Circolo Unione, ci sono state le celebrazioni per il 35esimo anniversario della nascita del movimento ultras paganese. Gli Street Urchins, “monelli di strada” del secolo scorso, nacquero il 2 dicembre del 1984, e però se quella è rimasta la data madre d’una tifoseria intera (la prima volta in cui comparve lo striscione nel match contro il Canicattì, ne parlerà uno dei fondatori, Massimo De Maio), è un po’ oltre ch’è scolpito l’inizio di quell’era dei pionieri di cui Sly fu il principale artefice. «Lui viaggiava vent’anni avanti rispetto a tutti», ricorda Mena che con Salvatore ha avuto due gemelli oggi 13enni, Carmine e Sophia, tifosissimi – e chi mancherebbe – della Paganese ma pure, lei soprattutto, del Frosinone, il più forte dei legami ultras che il papà strinse da cuore e anima della torcida. «All’inizio quello con i ciociari era un gemellaggio tra ultras, ormai lo è tra due città», dice Massimo Tramontano, amico di mille battaglie, il ragazzo che s’alzava in balaustra e dava le spalle al campo per lanciare i cori, «ma avrei potuto fare poco se non avessi avuto con me Salvatore».
Sì, perché lui, Francavilla, «andava a prendere i ragazzi nelle case per coinvolgerli nella militanza del gruppo». Eccola, la vista degli ultras secondo Sly: «Amore per la maglia, senso d’appartenenza, vera aggregazione, amicizia, mica delinquenza né droga. Lo faceva mentre la Paganese giocava tra i dilettanti, con una squadra che dava stimoli zero, e però era persino più bello amarla su campetti come Cervinara», raccontano Mena e Massimo, dandosi il cambio, a volte sovrapponendosi, in una narrazione appassionata, emozionata, che riannoda i fili d’un discorso antico ma nitidissimo ai loro occhi: «Indimenticabile quel girone in Eccellenza con noi, la Nocerina, la Cavese e l’Angri. Una bolgia».
Parlerebbero per ore, giorni, mesi. Tramontano, oggi avvocato ma ancora ultras nell’animo, allarga il nodo della cravatta quando ricorda «quei 4mila nella finale di Coppa Italia a Portici, in anni in cui essere Street Urchins ti teneva in piedi» e Francavilla «era il punto di riferimento per tutti, l’artefice d’un movimento che non ha mai abbandonato neppure quando il talento e il lavoro l’hanno portato a girare il mondo, creare brand e organizzare eventi, senza però perdere l’attaccamento alle proprie radici». E poi Mena, che «per stare sempre con lui» dall’alba degli anni Novanta ha cominciato a partecipare a «riunioni, notti tra gli striscioni e trasferte, fa nulla se ero sempre l’unica donna».
Non è mancata la loro testimonianza nella festa che ha vissuto vari momenti in tre giorni: da un dibattito sulla repressione nel mondo del tifo, con gli avvocati Emilio Coppola e Guglielmo Guarracino al tavolo dei relatori, al Memorial di boxe dedicato a Salvatore con – tra gli altri – il paganese Vincenzo La Femina sul ring. L’epilogo domenica notte, con la “torciata” dinanzi al murales di Sly, l’ultrà con la vocazione del manager – «ma che sui gradoni ha sempre combattuto il business» – a cui oggi è dedicata un’associazione impegnata nel sociale, di cui è presidente Antonio Carpentieri. E non finisce qui. «Abbiamo raccolto 600 firme per l’intitolazione della Curva Nord dello stadio Marcello Torre. Speriamo che nel 2020, con un settore nuovo e più degno, possa essere ufficializzata la denominazione», chiosa Mena. Poco male, a Pagani per tutti è già “Curva Nord Salvatore Francavilla”. Perché i leader senza tempo non hanno bisogno della targa.