di DARIO CIOFFI

A raccontarla tutta, non sta più nella pelle. Perché ognuno ha una storia e quella di Thomas Heurtaux alla Salernitana avrebbe ancora molto da svelare. Soprattutto adesso, che aveva finalmente trovato l’inchiostro granata per scriverla su pagine rimaste bianche per mesi, e però mai diventate cartastraccia perché il suo desiderio di riscatto, questo ragazzo di quasi 32 anni che ormai si sente «metà francese e metà italiano», l’ha difeso stringendo l’anima tra i denti. E aspettando tempi migliori. Ch’erano arrivati. Era tornato, Thomas, strappandosi i cerotti di mesi complessi, sfilandosi dalla penombra d’una infermeria in cui ogni tanto faceva tappa perché quell’avventura in Turchia da “buttar via”, per colpa d’un caos societario imprevisto e disastroso, pesava come piombo sui muscoli d’un “ultimo arrivato” senza preparazione nelle gambe. E così, con l’umiltà di chi, dopo 150 partite in serie A, accetta d’aggregarsi a una squadra di Primavera-2 pur di toccare campo di nuovo e respirare l’ossigeno dei 90 minuti, s’è lasciato alle spalle un passato importante, come se contasse nulla, e s’è (ri)messo a scalare l’Everest d’una stagione da riprendere in corsa. Lo stava facendo. E ci era finalmente riuscito partendo dal 1’ a Perugia. Heurtaux titolare, “scusate il ritardo” e “avanti la prossima”. Che però non c’è mai stata. Perché il giorno dopo l’Italia s’è fermata, assieme a quel treno Milano-Salerno su cui la paura viaggiava ad alta velocità. Tutti a casa. Pure Thomas ch’era appena rientrato in campo. Fuori! Entra il Coronavirus. È il motivo per cui Heurtaux, ch’è ragazzo di sensibilità e maturità (ri)conosciute, ora non se la sente di dire pubblicamente che muore dalla voglia di tornare in campo, perché morire oggi è un verbo serio, che mal si presta alle metafore. Eppure, di sicuro, combatte con la nostalgia. Di calcio e di normalità. «Abito in pieno centro. Questa città è sempre stata piena di gente. Così deserta quasi non la riconosco», racconta con vista su Corso Vittorio Emanuele.

Vien da dire: bene così…
Infatti. Complimenti ai salernitani, intelligenti e corretti. Escono solo per fare la spesa.
A proposito di spesa: lei e sua moglie, la giornalista Sarah Castellana, pochi giorni fa ne avete fatta un bel po’ per famiglie in difficoltà.
Sì, ma non cercavamo pubblicità. Abbiamo usato i social per dare la nostra disponibilità ed essere raggiungibili. Spesso Facebook e Instagram vengono utilizzati male. Stavolta sono stati utilissimi.
Vi hanno contattato?
Sì, diverse persone. E a noi ha fatto molto piacere essere utili a qualcuno.
Perché l’ha fatto?
Per dare una mano. È molto brutto vedere gente al supermercato che fa fatica ad acquistare il necessario per sfamare la propria famiglia. È un periodo delicato, in molti non lavorano a causa del virus. Dunque non guadagnano. L’anno scorso in Turchia ho provato cosa vuol dire non percepire stipendi. Ovviamente io non avevo il problema di far la spesa, però se non hai messo qualcosa da parte come si fa?
Ha ricevuto ringraziamenti?
Certo. Ed è stato gratificante. Ma di bei messaggi dai salernitani ne ho avuti anche quando non andavo neppure in panchina. Aveva ragione Ale…
Ale, va da sé, è Alessio Cerci. Perché aveva ragione?
Sono qui a Salerno anche grazie a lui. Mi ha parlato d’una città bellissima e calorosa.
Eppure per entrambi, calcisticamente, è stata una stagione complicata.
Venivamo dagli stessi problemi avuti ad Ankara. Personalmente non avevo mai giocato in serie B in Italia, però ho trovato una piazza ideale per provare a rilanciarmi.
S’è fermato sul più bello.
Avevo lavorato molto, tappa dopo tappa. I problemi, la convocazione in Primavera, l’esordio in prima squadra, poi il debutto dal 1’. Quindi è arrivato lo stop del campionato.
Lei lo riprenderebbe?
Ci spero. Perché vorrebbe dire che l’epidemia s’è fermata. Ma oggi contiamo ancora centinaia di vittime al giorno. Mi tocca molto questa situazione così drammatica sia in Italia che in Francia, il mio Paese d’origine dove forse l’emergenza all’inizio è stata sottovalutata. Insomma, si combatte per la vita ed è difficilissimo immaginare il calcio come una priorità adesso.
Non crede però che possa essere d’aiuto, rimettere palla al centro, per “riavvicinarsi” alla normalità perduta?
Sicuramente. È l’altra faccia della medaglia. Ora le due tesi sono al “50 e 50”. Appena ci saranno le condizioni per ripartire potremmo sicuramente regalare un po’ di svago alla gente. Il calcio aiuterà.
Parliamo un po’ della Salernitana di quest’anno. Un giudizio sul campionato disputato fin qui?
Positivo. Siamo nei playoff e ci manca anche qualche punto lasciato per strada. E poi quale squadra ci ha messo così sotto da dire ch’è più forte? Certo, il Benevento ha fatto il vuoto perché ha un’enorme qualità, eppure anche contro la capolista ce la siamo giocata. Dunque…
Dunque?
Se entriamo nei playoff possiamo dar fastidio a chiunque. La serie B è strana, certe partite per 70-80 minuti hanno una logica, poi nel finale cambiano gli equilibri e accade di tutto. La Salernitana ha un gruppo giovane e ch’è cresciuto tantissimo grazie a un allenatore d’altra categoria come Ventura che ha inculcato una grande filosofia del lavoro. Da noi anche chi non gioca in settimana lavora al massimo. Non è scontato né accade sempre altrove.
Bello proiettarsi all’ipotesi d’un campionato ripreso…
Bello sì! Anche se, visto che siamo nel discorso e sono scontate le porte chiuse, giocare senza pubblico all’Arechi ci penalizzerà. In casa abbiamo un rendimento eccellente anche grazie all’aiuto dei nostri tifosi. Sarebbe strano arrivare in serie A senza poter poi festeggiare in strada.
Sta fantasticando?
Ogni calciatore vuole vincere. E qui sarebbe bellissimo. Poi siamo chiusi in casa da più d’un mese…
Ora le comincia a pesare?
È un piacere stare con la mia famiglia, sono stato per diverso tempo lontano da mia moglie e mio figlio che ora ha un anno e mezzo. Ma gioco al calcio da quand’ero bambino ed è chiaro che mi manca tanto.
Riprenderebbe gli allenamenti?
Se ci sono le condizioni di sicurezza sanitaria sì.
E si taglierebbe lo stipendio?
L’ho già fatto – sorride, ndr -. È un’emergenza e ogni situazione dev’essere valutata.
L’ha già fatto pochi mesi dopo il suo arrivo a Salerno…
Sì, d’intesa con la società. Non stavo giocando, non ero ancora pronto. Ho rinunciato a due mesi. Era giusto così.
Ed è giusto adesso?
Discuteremo e troveremo sicuramente un accordo. I soldi non sono tutto, ma ogni caso ovviamente è diverso da un altro. Anche i calciatori hanno famiglie e pagano mutui.
Lotito aveva già pensato ad Heurtaux in passato, vero?
Quando giocavo nell’Udinese mi dissero che mi voleva alla Lazio. Erano tempi di calciomercato. Ora è presidente d’una squadra in serie A e una in B, stanno entrambe facendo bene. Testimonianza delle sue capacità. È una persona forte, che conta in questo mondo perché s’è conquistato il rispetto sul campo. Ed è anche uno che dà grande sostegno ai calciatori.
Però con i tifosi della Salernitana ultimamente non c’è feeling.
Non mi faccia parlare di cose che non conosco da vicino.
Allora parliamo d’uno che conosce benissimo: Cerci.
È più d’un amico. Abbiamo vissuto assieme questi ultimi anni. Poche gioie, in verità. Siamo a Salerno per rifarci. Di sicuro Alessio se starà bene farà la differenza. Non vediamo l’ora, entrambi, di far vedere quanto possiamo dare alla causa granata. Vogliamo dimostrarlo con i fatti.
Finalmente un’implicita stoccata. Qualche messaggio “negativo” dai tifosi allora l’ha ricevuto?
Mai offensivi. Di critica. E sempre di sprone.
Per esempio?
C’è chi mi ha detto d’esser “venuto qui in vacanza al mare”. Non è così.
I “senatori” alla riscossa. Heurtaux, Cerci… Ventura.
Devo parlare del mister?
Sì, ma siamo veramente ai titoli di coda.
Basta una parola soltanto.
La dica.
Fuoriclasse.

(dal quotidiano “La Città” del 16/04/2020)

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