di DARIO CIOFFI
Matto. Sì, disse proprio così Roberto Baggio quando scoprì d’esser stato sostituito all’alba d’una partita in cui tutti lo attendevano protagonista. “Ma questo è matto?”, si chiese il Divin Codino inquadrato in mondovisione. Ce l’aveva con Arrigo Sacchi, il ct dell’Italia che avrebbe poi conquistato un argento luccicante, pure se grida ancora vendetta persino 26 anni dopo, al Mondiale di Usa ’94 (quello della finale di Pasadena persa ai rigori contro il Brasile sotto il solleone). Era la seconda partita della fase a gironi: gli azzurri, che avevano perso dall’Eire al debutto, affrontavano la Norvegia e si ritrovarono in dieci uomini dopo pochi minuti per l’espulsione del portiere Gianluca Pagliuca. E per inserire il suo vice, Luca Marchegiani, il commissario tecnico scelse di rinunciare al Baggio più famoso, Roby, mentre il destino volle l’omonimo meno noto, Dino, match winner d’una delle gare più belle per intensità, cuore ed emozione della storia della Nazionale.
Un anno e mezzo dopo quella scena, (ri)evocata nell’immaginario collettivo granata da quanto accaduto nell’ultimo derby tra Salernitana e Juve Stabia, nacque Lamin Jallow, l’attaccante che proprio nella sfida di venerdì scorso all’Arechi ha tradito, senza probabilmente conoscerne il precedente, reazioni da Divin Codino in versione a stelle e strisce, rischiando però il grossolano paragone irriverente. La narrazione è stata simile ma l’epilogo persino peggiore: il cartellino rosso a Ramzi Aya, il cambio ordinato da Gian Piero Ventura per inserire un difensore (Andreas Karo) al posto d’una punta e lo sciagurato comportamento del gambiano, costatogli l’espulsione dalla panchina e due giornate di squalifica. L’ennesimo capitolo d’una storia di scenate con l’ippocampo cucito sul petto, un andazzo ormai stucchevole. Il procuratore del calciatore, Luigi Sorrentino, invoca quasi un accanimento terapeutico in versione sportiva: meglio che vada via, dice e ripete sino a tediare. Però intanto, in questo luglio torrido, la Salernitana si gioca il campionato e uno dei suoi uomini presunti più talentuosi, uno dei pochi su cui la società abbia investito cifre sontuose per il cartellino ch’era del Chievo, pare sfilarsi dalla lotta.
Jallow salterà la trasferta di venerdì ad Ascoli e il successivo scontro diretto di lunedì con il Cittadella, senza poter dare una mano alla squadra (intesa nel suo complesso) che l’ha difeso dopo la plateale e sgarbata risposta al pubblico dell’Arechi ma pure dinanzi a prestazioni svogliate e a tratti imbarazzanti. Un patrimonio che si svaluta da sé, insomma, l’attaccante che arrivò nell’estate 2018, assieme a Milan Djuric, con le stimmate del trascinatore. Tutt’altre aspettative rispetto a quelle che un anno fa accompagnarono l’ingaggio (via Lazio) dal Rieti di Cedric Gondo, che invece contro la Juve Stabia ha cantato, portato la croce e segnato il gol partita. La sua notte magica, certo, eppure nel solco d’un trend opposto rispetto a Jallow.
Corsa, sudore e generosità, del resto, non hanno mai fatto difetto all’ivoriano. Ed è forse – o senza forse – proprio per questo che Gondo è riuscito a risalire in un lampo le gerarchie di Ventura che ad agosto scorso lo relegava “ultima scelta”. Tanti errori, sotto porta e non solo, però un lavoro immane al servizio d’una Salernitana in cui, da comparsa, s’è preso il ruolo di protagonista con la “fame” che altri non hanno avuto. Ieri Cedric s’è fermato per un problema fisico ma promette di far l’impossibile per esserci ad Ascoli. Possibile farne a meno? Una soltanto la risposta a chi si pone questa domanda: matto.
(pubblicato sul quotidiano “La Città” del giorno 08/07/2020)
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