Sono i grandi esclusi della ripresa dei campionati e nella serata di ieri hanno deciso di far sentire forte la propria voce. Da Salerno a Napoli, passando per tante altre piazze campane, è stato lanciato un messaggio univoco per far capire ai vertici del calcio ed anche alla politica che governa il Paese, che la linea tracciata per la ripresa dei tornei, e che sarà portata avanti almeno sino a fine stagione, non può e non deve rappresentare una “nuova era”.

Al di là di ogni luogo comune, infatti, gli ultras di tutta Italia hanno dimostrato enorme sensibilità nel momento dell’emergenza Covid-19. In Campania, gruppi organizzati riconducibili alle Curve di Salernitana e Napoli hanno promosso iniziative benefiche per dar manforte alle aziende ospedaliere del territorio, con raccolte fondi sponsorizzate tramite la piattaforma Gofundme e gestite direttamente dai responsabili dei nosocomi in questione. Non è stata da meno anche la Curva Sud Catello Mari di Cava de’Tirreni, che nel momento del bisogno ha donato apparecchiature mediche all’ospedale metelliano “Maria S.S. Incoronata dell’Olmo”.
La pandemia da Sars-Cov2, che ha fatto registrare numeri da brivido per quanto riguarda contagi e decessi, ha portato anche gravi conseguenze dal punto di vista economico. Tante attività costrette a chiudere, molte altre che hanno ripreso a singhiozzo, poche garanzie per i lavoratori autonomi. Soprattutto per questo motivo, gli ultras d’Italia (tra cui figuravano anche il direttivo “Salerno” della Curva Sud Siberiano, le due Curve di Napoli ma anche altre realtà campane quali Cava de’Tirreni, Pagani, Benevento, Avellino, Torre Annunziata, Eboli, Battipaglia, Angri, Sorrento e Nola) decisero di firmare la nota “Stop Football, No Football Without Fans” (clicca QUI per leggere), cioè stop al calcio, chè senza tifosi non ha valore. Il manifesto unitario, firmato non solo da gruppi ultras del Belpaese ma pure da tante altre tifoserie estere, non ha sortito gli effetti sperati visto che, qualche settimana dopo, il ministro Vincenzo Spadafora annunciò la ripresa del calcio, rigorosamente a porte chiuse.

Una scelta che, a malincuore, gli ultras italiani avevano anche accettato, pure se costretti a restare a casa, senza poter prendere parte allo spettacolo. Decisione accompagnata da grande senso di responsabilità perché, durante lo svolgimento dei match, i gruppi organizzati hanno evitato qualsivoglia assembramento fuori dagli stadi, contrariamente a quanto avvenuto in passato, in occasione di altre sfide disputate a porte chiuse. Assembramenti che, però, in Italia continuano a vedersi in svariati luoghi: dai ristoranti ai negozi, fino agli stabilimenti balneari adibiti a discoteche estive. È qui che nasce il grande equivoco: luoghi all’aperto dove è concesso ballare e sorseggiare un drink e stadi chiusi? Questo l’interrogativo che tanti si sono posti in questi giorni, con le foto che impazzavano sul web, degli assembramenti nei luoghi sopracitati.

Il mondo ultras ha deciso dunque di alzare la voce, ancora una volta, perché convinto d’essere il motore d’un calcio sempre più povero di valori e scarno di contenuti. Un calcio dove le tv “disegnano” scenografie virtuali al pc, alcuni club propongono i cori registrati tramite gli altoparlanti degli stadi e la parte passionale è costretta invece a stare a casa. “Stadi chiusi e tifo virtuale, questo non è più uno sport popolare…siamo terra ribelle, venderemo cara la pelle“, questo il contenuto dello striscione esposto ieri in diverse città della Campania. Un segnale di unità d’intenti anche tra tifoserie che, storicamente, non hanno mai posto l’altra guancia ma che per il bene comune d’un fenomeno che tanti cercano di estirpare, hanno unito le forze. Stessi ideali, stessi pensieri… sperando di tornare presto sui gradoni accanto alle proprie casacche.

(edo.ci)


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Di seguito, la fotogallery degli striscioni esposti in diverse città campane:

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