Il “calice del contagio”, un’odissea lunga 143 giorni, lottando contro la morte, con la paura di non farcela, aggrappandosi alla vita e alla fine uscendone vincitrice grazie allo straordinario lavoro dei medici, che su questo caso così complesso hanno realizzato anche una pubblicazione scientifica. È una storia d’umanissima sofferenza ma dal lieto fine quella d’una donna di 47 anni, di Caggiano, “rinata” dopo aver sconfitto il Covid-19.
Quasi cinque mesi trascorsi negli ospedali campani, tra ansie, terrore e speranze, prima di far rientro presso la propria abitazione, nel Vallo di Diano, per settimane “zona rossa” della provincia Sud di Salerno con cinque comuni “blindati”. Ha attraversato l’inferno spegnendone le fiamme, la donna caggianese risultata positiva in seguito al raduno religioso dei neocatecumenali del 4 marzo a Sala Consilina, e ricoverata in ospedale dal 14 marzo, dopo l’insorgenza di febbre e sintomi tipici dell’infezione da Sars-CoV-2. È stato proprio quel nemico temibile e invisibile che ha provocato una pandemia, mettendo in ginocchio il mondo intero, a colpire la 47enne, costretta dapprima al ricovero presso il nosocomio “Luigi Curto” di Polla e poi trasportata al Policlinico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, dove il 18 marzo fu intubata per insufficienza respiratoria da polmonite Covid-correlata.
Circa un mese trascorso nell’Unità Complessa di Anestesia e Rianimazione, tra la vita e la morte, prima del trasferimento il 13 aprile presso la Medicina Interna, indirizzo cardio-respiratorio. Qui, nel reparto coordinato dal professor Pasquale Abete, il quadro della signora è stato esaminato dettagliatamente. Le sono state diagnosticate e trattate anche alcune patologie molto delicate. Alla preesistente condizione di sindrome metabolica, caratterizzata da elevati livelli di pressione arteriosa, diabete e obesità, andavano infatti ad aggiungersi anche altri problemi tempestivamente individuati e affrontati dall’équipe medica. Anzitutto, uno squilibrio elettrolitico, con bassi livelli di potassio legati all’ipertensione (condizione nota come Morbo di Conn), poi un’anemia normocromica macrocitica con elevati livelli nel sangue di vitamina B 12 e folati da verosimile ridotto utilizzo, insorta in seguito all’uso di un farmaco per la terapia antivirale, e infine una ipomobilità degli arti inferiori, legata a una sindrome, conosciuta con il nome di Guillan-Barrè, in fase troppo avanzata per poter cominciare un trattamento specifico.
Quest’ultima condizione, innescata verosimilmente proprio dall’infezione correlata al Covid-19, ha reso il quadro della signora di Caggiano ancor più complesso, al punto da meritare uno studio approfondito e una pubblicazione accademica del caso clinico. Grazie all’alacre lavoro dei medici dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, unitamente alla forza d’animo della donna, il quadro clinico è andato progressivamente migliorando e il 4 maggio scorso ha potuto cominciare la riabilitazione neuro-motoria.
L’inizio del lieto fine. Il 30 luglio la 47enne è tornata a casa, accolta – tra gli altri – dal sindaco di Caggiano, Modesto Lamattina, dal parroco don Angelo Adesso e dal presidente della Protezione Civile Gopi-Anpas, Giovanni Grippo. Fiori, sorrisi e sollievo. L’inferno è alle spalle. E la vita ricomincia.
(pubblicato su “La Città” del 9 agosto 2020)