di DARIO CIOFFI
Tutti ci siamo innamorati del calcio (anche) guardando la maglia Azzurra. E ognuno ricorda il “suo” momento, l’anno in cui, parallelamente alla squadra del cuore che è “diritto di nascita”, abbiamo scoperto la squadra di tutti. “La nostra Nazionale”, a dirla con Bruno Pizzul.
La mia era l’Italia di USA ’94. Di Pagliuca espulso con la Norvegia e di Baggio che la prende male dopo esser stato sostituito (il “buono”, Roberto, mentre “l’altro”, Dino, decide la partita). Di Signori che fa il terzino e di un pareggino contro il Messico che basta per non tornare a casa al girone. Di Baggio-Baggio contro la Nigeria. Di Zola che avrei voluto vedere di più. Di Tassotti con la Spagna. Della semifinale vinta sui bulgari. Del rigore sbagliato da Baresi e della Coppa al Brasile, e però dell’orgoglio di esserci arrivati, alla finale di Pasadena, dopo ch’era cominciato tutto con una sconfitta in amichevole. E con un dubbio: “Pontedera al Mondiale e Italia in C2?”.
Sarebbe bello se la generazione del lockdown ricordasse per sempre questo Euro 2020 che però si gioca nel 2021, particolare che basta a far capire quanto strano ma importante sarà questo Campionato itinerante che riapre le frontiere chiuse e gli stadi blindati, rianimando le città ch’erano deserte. Cominciando da Roma.