Gli chiesi perché fosse voluto venire qui, a Salerno. Mi rispose che c’era l’essenziale: vivere davanti al mare, andare in barca gli piaceva, e il campo ricordava l’Omi a Tor Marancia“. Luca Di Bartolomei è il figlio di Ago, il Capitano – con l’iniziale maiuscola – mai dimenticato della Salernitana e della Roma, e nella settimana di quello che sarebbe stato “il derby del cuore” per il suo papà, senz’alcuna retorica, ha scritto parole che arrivano all’anima.

In una lettera di suo pugno, pubblicata sulla testata “il romanista.eu”, Luca precisa che “il mio racconto, quello che provo e quello che ho vissuto, a riguardo Salernitana-Roma nasce quindi molto prima di quanto potreste immaginare“. Già, perché lui era un bambino quando Ago scelse Salerno, in serie C, per chiudere una carriera da campione. Luca ricorda tutto: che “la squadra si allenava e giocava in un unico impianto intitolato al fondatore del primo football club di Salerno, Donato Vestuti“, con la sua architettura fascista; quell’essere, da parte del padre, “talmente fuori dal tempo delle cose da diventare serissimo quando parlava con un bambino, usando poi non curanza quando c’era da parlare fra adulti“, roba che “sembrava arroganza mentre era solo imbarazzo“; e poi quella Salerno vissuta tra il tramonto degli anni Ottanta e l’alba dei Novanta, una “città molto diversa da quella meravigliosa che è diventata e che mi auguro abbiate il tempo di visitare“, un luogo che, parole di Luca, “era un posto che si dava poche speranze ma conteneva un’umanità magnifica“.

Commovente la chiosa finale di Di Bartolomei junior: “Agostino ha dato il massimo ovunque abbia lavorato, cercando di essere un professionista in ogni fase della sua carriera. Ma a Roma e Salerno credo che per lui sia stato diverso. E questo è più o meno tutto quello che so della partita di domenica…”.

Proprio così. Una gara del destino. Lo stesso destino che forse, in quella triste primavera del 1994, volle che il popolo granata, con un esodo d’oltre 15mila tifosi, ricordasse Ago a pochi giorni dalla sua morte proprio allo stadio Olimpico, dove “il Capitano” aveva vinto un memorabile Scudetto con la Roma. Era l’andata d’una semifinale playoff dell’allora serie C tra la Salernitana – che sarebbe poi stata promossa in B – e la Lodigiani, all’epoca terza squadra della Capitale che dovette chiedere “ospitalità” al Foro Italico perché il Flaminio non sarebbe bastato a contenere l’onda d’amore e d’entusiasmo cavalcata dal cavalluccio marino. Di quel giorno, più che del pareggio sul campo, si ricorda l’emozione intensa e rarissima d’un minuto di “raccoglimento”, il silenzio rotto da un coro commosso, che riecheggiava fortissimo, tutto e solo per DiBa. E quello striscione, affisso sulla vetrata della Curva Nord dell’Olimpico di Roma che per un giorno diventò la Sud di Salerno: “Semplicemente… Guidaci ancora Ago“.

Sì, sarà davvero il suo “derby del cuore”…

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