Come ogni Natale, nel soldo di una tradizione piacevolissima e ormai irrinunciabile, abbiamo chiesto un intervento a Gigi Casciello, Parlamentare e componente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, giornalista di lungo corso e già Direttore – tra gli altri – dei quotidiani “Cronache del Mezzogiorno”, “il Roma” e “il Salernitano”. La sua firma “macchia d’inchiostro” anche il nostro Natale 2021.
di GIGI CASCIELLO
Tra lo scontato e l’inevitabile c’è sempre il rischio di accomodarsi. Come se tutto fosse già scritto, come seppure dovesse esserci del buono non dipendesse da noi, da chi si è e da ciò che si fa, da ciò che per sé vale e da ciò che si fa tenendo conto anche degli altri. Saranno i giorni di festa, il Natale che le circostanze impone nell’intimità degli affetti più cari, ma le domande sul senso dei nostri giorni crescono e quasi assediano. Eppure mi sforzo con il dirmi che in fondo bisognerebbe essere più leggeri, forse persino più distratti ma non ci si può inventare diversi da come si è e allora anche oggi mi sono ritrovato a chiedermi se e quanto questi giorni, mesi diventati ormai anni, ci abbiano cambiato davvero, se questo continuo confronto con i nostri limiti, perché questo è il fare i conti con una pandemia che conduce anche alla morte, non abbia imposto davvero le uniche domande che davvero val la pena porsi: per chi e per cosa viviamo? La risposta più scontata sarebbe di vivere alla giornata (quindi di non porsi alcuna domanda) ma la questione è troppo seria per far finta di nulla.
Mi si dirà cosa c’entri il Natale. C’entra e come! Se mai tutto fosse una favola fatta di elfi, di renne, di regali portati su una slitta da un uomo buono, grassoccio e la barba bianca sin quando si è bambini e poi di aperitivi, cenoni e “reunion” familiari tra l’ironia e l’inevitabile invocando la tradizione e persino la scaramanzia, attenti che a tavola non si sia in tredici o diciassette, ma davvero ne varrebbe la pena? Ma davvero anche la tradizione è tutta qui o un riandare a qualcosa che ci fa, ci compone, che ci ha condotti fino a oggi e che trova le sue radici in una ragione più grande?
E la mia risposta, per grazia e solo per grazia, viene sì da una tradizione ma fatta di un riconoscere che non tutto dipende da noi e che non tutto, persino il male che non risparmiamo e non ci risparmia, non solo non ci determina ma che non potrà condizionare i nostri giorni: si chiama speranza che è cosa diversa dall’ottimismo perché è fatta di una promessa che oggi a Natale si fa carne. Sì, perché il Dio che si è fatto uomo ci ha promesso l’eternità ma anche il centuplo quaggiù.
Bisogna alzare lo sguardo, andare oltre le incertezze dei nostri giorni, riconoscerci nello sguardo degli altri, saper cogliere quanta tenerezza ci sia nel Natale, in questo Padre che dona il figlio, questa Madre che lo accoglie senza porsi domande. E’ il mistero della vita: accettare l’imprevisto e vivere con la certezza di essere fatti per la felicità. E il mio augurio è questo. E’ possibile per tutti. Con Fede e per Grazia.
Buon Natale.