di DARIO CIOFFI
L’ironia che salva la vita, in attesa di capire se e come potrà salvarsi anche la Salernitana nel campionato di serie A più anomalo che storia ricordi, è la lente d’ingrandimento d’un colpo di fulmine scoccato nella notte di Capodanno e alimentato da due settimane di ritorno al futuro. C’è un “meme”, tra i tanti che circolano in questi giorni sul web, che fotografa meglio d’ogni altro, con acuta e attinente satira, lo stato dell’arte all’ombra del Castello d’Arechi. Una coppia a letto, marito e moglie che si danno le spalle, girati ciascuno dal lato del proprio comodino. Lei che s’interroga: “Starà pensando a un’altra…”. E lui che – riascoltando in mente i riferimenti presidenziali a “instant team”, “stakeholders” e “sinallagma” – sussurra tra sé e sé: “Com’ parl’ bell’ Iervolino!”. Goliardia e realtà camminano a braccetto nei giorni d’un nuovo corso cominciato in modo così enfatico che quasi-quasi “rivalutano” i tre gol beccati contro la Lazio dai granata, o meglio da quel che restava d’una squadra sfinita dal Covid (come se non bastasse la classifica).
Sì, perché quella batosta, scontata come il colpo di tosse al primo tiro di sigaretta d’un adolescente in cerca d’avventure, un po’ restituisce la dimensione d’una consapevolezza che, consumata la svolta, iniziata la nuova era, ci sarà da stringere l’anima tra i denti per far qualcosa che sportivamente, di qui a maggio, somiglia un po’ a un’impresa e molto a un miracolo. Eppure, non c’è momento migliore per convincersi che “impossibile” non sia un fatto, ma solo un’opinione… Calato nella parte, “battezzato” in un Arechi che pure poco somigliava allo stadio con il nome da principe che potrà percepire come teatro sontuoso delle sue ambizioni, il neo presidente Danilo Iervolino ha preso di petto il da farsi, ereditando le macerie tecniche d’un semestre così complesso da mostrarsi – al dilagare del virus – persino imbarazzante, e ha cominciato a immaginare i primi passi per fare della Salernitana che sogna un “modello” nell’Italia del pallone che su molti prati rotola sgonfio. Servono i rinforzi individuati dal neo ds Walter Sabatini , certo, ché senza quelli non ci sarebbe neppure remota speranza d’osare, e però anche l’inizio d’una “rivoluzione” capace di mischiare l’autenticità dei rapporti con i tifosi alla professionalità d’un lavoro manageriale che rilanci un brand, Salernitana 1919, dal potenziale tanto grande quanto paradossalmente inesplorato, mai realmente valorizzato a dispetto delle enormi opportunità avute anche solo di recente, dal Centenario di due anni e mezzo fa alla terza promozione in serie A in oltre un secolo di storia, la prima al tempo dei social, dell’e-commerce, del mondo globalizzato.
Occasioni perse da cui la nuova società granata è chiamata – e decisa – a ripartire per fidelizzare il suo popolo e rafforzare un legame di sangue, sì certo, ma che ha bisogno d’essere alimentato con iniziative, idee e creatività per le quali Iervolino ha lanciato la proposta d’un laboratorio, uno sportello d’ascolto di fatto già aperto, quasi in automatico, dalle migliaia di “tag” che quotidianamente le sue pagine social ritrovano nei post dei tifosi. Leggere, analizzare, fare sintesi e attuare è la ricetta più semplice d’una “mission” complessa ma affascinante, per fare della Salernitana la squadra della gente colmando quella distanza incredibilmente creatasi in passato, quasi in assurda controtendenza rispetto all’escalation sportiva che ha (ri)portato la Salerno del calcio dalla polvere dei dilettanti all’élite della serie A. Ambizione che parte dalle piccole cose, e cioè dalla presenza, fisica sul territorio o comunque costante e tangibile in un universo granata assuefatto per anni alla “dipendenza” da una mai amata sorella maggiore.
Un decennio vissuto all’ombra d’una casa-madre che il past president, anzi co-patron, Claudio Lotito ha sempre rappresentato come “concessione” fatta a una figlia di secondo letto, sorellastra d’una primadonna perfetta che lasciava generosamente una mancia rivelatasi sufficiente per vincere la D, la C2 e la terza serie, infine persino la B, eppure non a far breccia nel cuore del popolo. Dieci anni d’interesse senza credere mai che fosse amore (né dall’una né dall’altra parte), aspettando come rinforzo il prestito d’un esubero stanco di fare il fuorisede a Formello, aspettando sempre un via libera dalla Capitale, aspettando un sì dal calciatore di turno individuato sul mercato spesso convinto dalla promessa che “se fai bene qui poi ti porto alla Lazio”. Tutto utile, vero. E però mai davvero apprezzato dalla Salernitana che – parole di Alfonso Gatto – nacque “femmina e popolana”, felice adesso, all’alba d’una nuova era, di (ri)sentirsi finalmente pure figlia unica.