di DARIO CIOFFI
La standing ovation per l’anti-divo è come quello scorcio di golfo che s’ammira sulle “piazzole magiche” d’autostrada che conducono a Vietri: t’affacci, e Salerno mostra di sé uno dei panorami più belli che possa offrire. Trasportata al calcio, quell’immagine di nitida bellezza, ch’è essenza del proprio essere tra peculiarità a volte meravigliose e altre contraddittorie, sta tutta nel saluto che in una domenica senza pallone il popolo granata riserva, dopo la sua cessione alla Cremonese, a Cedric Gondo, un ragazzone di 25 anni nato in Costa d’Avorio e cresciuto in Italia, che si sfila la maglietta con l’ippocampo cucito sul petto tra gli applausi convinti e orgogliosi d’un sacco di gente che gli riconosce d’averla sudata, onorata e difesa.
Sarà un po’ romantico, ma che noia sarebbe questo sport senza valori così?
Nato a Divo con l’iniziale maiuscola, città ivoriana di 130mila abitanti, e però anti-divo per profilo e comportamento, Gondo è stato per due anni e mezzo il prototipo del calciatore che i tifosi del cavalluccio marino vorrebbero sempre incitare. Combattente, ostinato, generoso, umile e voglioso d’andare oltre i suoi limiti anche quando appaiono evidenti. Cedric, che il grande pubblico (televisivo) conobbe ai tempi della Primavera della Fiorentina a cui dedicarono un reality show su MTV, non è un campione né mai lo sarà, però è uno che dà tutto in campo, sputando l’anima fino all’ultima goccia. Arrivò dal Rieti nei tempi dell’asso caldo, lo tesserò la Lazio senza un vero perché, studiò alla “scuola” del maestro Ventura che pure non è che lo presentò come un predestinato, anzi (“se dobbiamo affidarci a Gondo…”, disse dopo averlo fatto esordire a Pisa). Insomma lavorò sodo, venne fuori dalla penombra e dimostrò d’essere un buon attaccante di serie B, persino ottimo nel ricordarlo ruggire nell’estate della ripresa post-lockdown o mettere la sua firma mica sulla sabbia nella promozione in A della stagione scorsa.
Anzi, a raccontarla tutta, siccome la semiotica nel calcio conta tanto, il “segno” che sarebbe stato l’anno della Salernitana arrivò proprio dopo una doppietta di Cedric, che in 4 minuti (tutti di recupero!) ribaltò il Venezia in una partita che avrebbe fatto venir giù l’Arechi dalla gioia se non fosse stata confinata nella stridente, irritante e maledetta dimensione delle porte chiuse. Ha dato tutto, Gondo, pure quest’anno in un campionato (ancora) troppo grande per lui, affrontato però con la dignità e il coraggio che reclama la gente. La “nuova” società granata, in una nota, l’ha “ringraziato per la passione e la dedizione al lavoro dimostrata in questi anni, per l’impegno profuso e per le reti decisive nel raggiungere il traguardo storico della promozione in serie A”. E il popolo dell’ippocampo ha gradito, annuito, condiviso e fatto eco.
“Se in campo cacci le p…. già sei campion”, canta la Curva Sud mostrando il panorama del suo modo d’intendere il calcio. Ed è per questo che per Cedric, l’anti-divo che ha scritto un pezzettino di storia, ci sarà sempre un posto nel cuore.