di DARIO CIOFFI
Ora sì, la rivoluzione è completa. Davide Nicola è l’ultimo tassello d’un mosaico che si dà un obiettivo a dispetto della classifica, del comune sentire, persino dei santi: salvarsi, o almeno provarci, fare cioè tutto il possibile per andare sino in fondo in un tentativo disperato, certo, e però il cui livello di complessità è direttamente proporzionale al fascino, alla suggestione d’osare in quel che ai più appare impossibile. Fuori dall’equivoco, scommettere oggi sulla permanenza della Salernitana in serie A, e vincere, significherebbe arricchirsi pur puntando la più simbolica delle somme, ma la cosa più bella in questo scenario da impresa titanica è vedere che qui nessuno ha ceduto alla rassegnazione, che non c’è voglia di marcare la resa. Anzi.
E così, dopo aver preso forse – o senza forse – il miglior direttore sportivo che c’era su piazza, e dopo aver cambiato più di mezza squadra, ecco che la nuova società, che ha ereditato un passato non suo eppure di cui è costretta a raccogliere i cocci, sceglie per la panchina l’allenatore che più di tutti, negli ultimi anni, ha saputo lottare per la salvezza. Uno specialista delle emergenze. Che poi ci riesca o meno, ovviamente, sarà la storia del campionato a dirlo, ma siccome da qualche parte tocca sempre (ri)partire va da sé che la scelta della Salernitana di puntare su Nicola, un tecnico che questo tipo di situazioni le ha conosciute, vissute e risolte, rappresenta il miglior messaggio che il duo Iervolino-Sabatini potesse in questo momento lanciare all’ambiente granata.
La tifoseria non s’è arresa, certo vive con il realismo imposto dallo stato dall’arte un ultimo posto a distanza abbastanza siderale dalle concorrenti, e però è bastata una scintilla, il legittimo riconoscimento della Corte Sportiva d’Appello che ha ordinato di rigiocare – o meglio, di disputare – la partita fantasma di Udine, con la restituzione del punto di penalizzazione che in primo grado era stato inflitto, a far ardere ancor di più la passione e la speranza del popolo del cavalluccio marino. E la semiotica del calcio qui ha giocato un ruolo: la Salernitana l’ha inteso come “un segno” all’alba d’una nuova sfida che nasce come proibitiva, il testa-coda di sabato all’Arechi contro il Milan capolista. Della serie: il campionato ti (ri)dà una chance, raccoglila senza pensarci ancora su, perché magari con due partite da recuperare anche l’umanissimo sconforto subentrato dopo il pari di Marassi, in uno scontro salvezza con il Genoa che reclamava il colpaccio per alimentare la già flebile speranza di risalita, ce lo si può lasciare alla spalle rafforzando l’idea che ci sia ancora margine per crederci e per provarci.
Davide Nicola non è un mago, ma uno che s’è fatto da solo, un lavoratore che ha costruito la carriera partendo dalla serie C prima d’arrivare in A per meriti e d’affermarsi come un professionista delle salvezze tra i grandi. Eredita da Stefano Colantuono uno gruppo quasi tutto nuovo, e avrà pochissimo tempo per trasformarlo in squadra. Di suo porterà lo storia d’un allenatore che ha già fatto grandi imprese, background necessario per tentarne un’altra, probabilmente la più difficile di tutte. Ha accettato perché ci crede. E nel presentarsi, all’ombra del Castello d’Arechi, non troverà una persona soltanto che la penserà diversamente. Ce n’è abbastanza per dirgli almeno “buona fortuna”…

(foto US Salernitana 1919)