di DARIO CIOFFI
Grazie, Franck!
Pure se non hai fatto gol né la differenza. Il calcio da queste parti non è soltanto nel destino d’un pallone che va nella porta giusta o sbagliata, e a quella maglia che oggi ti sfili hai saputo dare qualcosa che conta, e che resta, per il solo fatto d’averci inciso sulle spalle quel nome, Ribéry, sopra al numero 7.
Grazie per averci scelto quando la Salernitana era una neopromossa triste, infelice e senza certezze.
“Un giocatore lo vedi dal coraggio”, diceva De Gregori, e un Campione forse pure dalla follia. Vestire il granata a quel tempo è stata l’ultima folle e coraggiosa giocata della tua carriera. E non ci credo a chi dice che “non avevi di meglio”. Hai semplicemente scelto il peggio, perché in quel peggio hai visto l’approdo giusto di chi aveva deciso di scrivere a modo suo titoli di coda non banali. E di banale, quando si parla di pallone, qui non ce n’è mai stato molto, né prima di te né con te (il 31 dicembre e il 22 maggio, per esempio, quale Bayern Monaco avrebbe potuto fartelo vivere?).
Ti sei tuffato nei nostri guai, e ne sei stato degno interprete aggiungendoci i tuoi.
Noi ti abbiamo ripagato con l’affetto e la gratitudine che null’altro chiedevano in cambio. E così fa nulla se quel gol sotto la Sud tanto sognato è rimasto dentro al cassetto.
In questo collage da fuoriclasse hai messo dentro il nostro ippocampo. Ce lo incorniciamo e ne siamo orgogliosi. Come lo fummo in quel lunedì di settembre, quando vedendoti calcare il prato dell’Arechi capimmo – quel giorno sì – ch’eravamo davvero in serie A, e che ci saremmo rimasti, a dispetto dei santi e dei trustee.
E allora il nostro “grazie” è per averci fatto capire che Salerno e la Salernitana non erano né sarebbero state eterna periferia del pallone. Anzi. Perché lì c’era Ribéry.
Grazie, Franck!
Come scrissi in quel 6 settembre d’un anno fa, a noi “bastava un giorno così”…