di DARIO CIOFFI

Dalla magia alla realtà. Dalla notte dei sogni a un pomeriggio di minor suggestione ma uguale importanza. La Salernitana che s’è regalata un desiderio, andando a (stra)vincere a casa della Lazio di cui fu un po’ “sorellastra” per un decennio, con una prestazione da favola che l’ha vista vincitrice da “figlia unica” e Bersagliera, adesso deve lavarsi la faccia e puntar gli occhi sulla Cremonese.

Perché all’Olimpico s’è fatta la storia, già celebrata a dovere, però adesso c’è da continuare a marciare, nel presente e per il futuro. Ricominciando da tre, tante quante sarebbero le vittorie consecutive in campionato, così come quelle in casa, se la squadra di Davide Nicola riuscisse a cavalcare quest’onda lunga d’entusiasmo che ha avuto il suo apice nella straordinaria – e meritatissima – accoglienza trionfale riservata ai granata al rientro dalla Capitale. Mille e forse più persone ben oltre la mezzanotte schierate accanto al mare, per far sfilare il bus sociale tra due ali di folla, scene d’una meraviglia che riconcilia con la passione per il calcio popolare che all’ombra del Castello d’Arechi sta trovando la sua essenza da qualche mese.

Non fermarsi, ora, è l’imperativo. Ritrovate vecchie certezze e acquisite pure delle nuove, la Salernitana che arriva alla sfida contro la Cremo di Alvini, operaio delle panchine meritatamente promosso sul palcoscenico più grande dopo una dura gavetta, sa ch’è il momento buono per battere il ferro ch’è caldo. Di più: rovente. Perché il colpaccio sul campo della Lazio è stato il fine, ma domenica scorsa ha impressionato anzitutto il mezzo attraverso cui quel verdetto storico è arrivato: la compattezza, l’efficacia, la capacità di giocare e combattere al tempo stesso. Sono le doti migliori mostrate da una squadra che nell’altalena di questa stagione, in meno di tre mesi di campionato, ha già vissuto tutto, dai picchi d’euforia ai flop dello scoramento, passando per risultati importanti conquistati soffrendo, senza servire effimero champagne ma stringendo l’anima tra i denti, da gruppo in grado d’arrivare a dama anche in giornate complesse.

Adesso c’è da ritrovare il punto d’equilibrio tra l’umanissima esaltazione post blitz a casa di Maurizio Sarri, con tutto il carico d’emotività che il successo contro il grande ex (multi)patron Claudio Lotito ha portato con sé, e la necessità di non immaginare comode discese prim’ancora d’averle imboccate. La Cremonese, del resto, seppur ultima con soli 5 punti, ben 11 in meno rispetto alla Salernitana, è formazione tutt’altro che spacciata e per il calcio espresso avrebbe meritato molto più di quanto raccolto. Un warning che Nicola – a sua volta (ri)passato dalla stucchevole e improbabile condizione di tecnico in bilico dopo due sconfitte (con Lecce e Sassuolo) a condottiero che mette tutti d’accordo, mutazioni che fanno sorridere ma neppure troppo stupiscono in un gioco governato dagli sbalzi d’umore – avrà sicuramente condiviso con i suoi ragazzi. E poi c’è un motivo in più per dare anche a questo primo sabato di novembre un significato speciale: sarà l’ultima volta, per il cavalluccio marino, allo stadio Arechi nel 2022, l’anno della rinascita, cominciato all’alba della nuova proprietà di Danilo Iervolino, e però ancora con gli strascichi del Covid e d’una squadra da ricostruire, e poi proseguito con la disperata rincorsa salvezza concretizzatasi nel “miracolo” dello scorso maggio, fino ad arrivare agli inizi di questa stagione in cui il vecchio cuore granata s’è ripreso le proprie mura, perché è lì che ha sempre costruito e custodito i suoi tesori.

Insomma, la Lazio è già storia. Ora sotto con la Cremonese. Ché anche la realtà può essere magia…

(foto Pecoraro/US Salernitana 1919)

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