di DARIO CIOFFI

Il destino si diverte. Pare quasi lo faccia apposta. Un girone fa, per quanto valga questa definizione in un campionato in cui il viaggio d’andata fa un percorso diverso da quello di ritorno, la Lazio fu la tappa dell’apoteosi, del delirio, la quintessenza della felicità. La Salernitana fece il colpaccio, a casa Lotito, d’autorità, di forza, scrivendo con l’inchiostro granata una pagina di storia celebrata nella notte del rientro dall’Olimpico, tra due ali di folla, in mezzo al popolo entusiasta che accoglieva i suoi “eroi” al Mary Rosy. La chiusura d’un cerchio, si disse: il trionfo della nuova era su un passato mai rimpianto, al netto dei risultati sportivi che pure aveva (innegabilmente) portato con sé. Dalla Lazio alla Lazio, il mondo s’è capovolto e in questa realtà confusa e complessa l’ippocampo si (ri)trova faccia a faccia con le sue paure, sperando d’esser ancora in tempo ad arrestare una picchiata che ha d’improvviso, ma neanche troppo, rimesso a rischio la salvezza, e reso inevitabile – stavolta sì – il ribaltone tecnico già varato e poi revocato dopo il “cappottone” di Bergamo.

A Paulo Sousa, tecnico d’esperienza e palmares indiscutibili, è stato affidato il compito di ricomporre i cocci su cui s’è ferito Davide Nicola, esonerato dopo non esser riuscito a uscire dall’angolo in cui s’era ritrovato nel buio d’una stagione che, da quell’impresa di Roma in avanti, ha raccontato affanni, contraddizioni, malumori, scivoloni e tensioni difficili da correggere davanti alla crisi di risultati, gioco e identità in cui la Salernitana è piombata da troppo tempo. Al tecnico piemontese, protagonista del miracolo sportivo d’una stagione fa, la storia riconoscerà i meriti d’una rimonta che resterà incancellabile, benché – comprensibilmente – i tormenti dell’attualità la rendano oggi meno percepibile. Va così, il calcio ha memoria breve, ma il tempo aiuterà a scavare e a far riscoprire il senso e i brividi di quei mesi magici. Oggi non è possibile. Perché l’urgenza del presente schiaccia il passato e la priorità assoluta, unica, necessaria, è tirarsi fuori dal fango di chi lotta per non retrocedere.

Sarà una sfida di realismo, ora che per la prima volta il nuovo corso del cavalluccio marino è andato a sbattere contro le difficoltà che il pallone impone quando ci s’incarta in errori che immagini di superare e correggere subito dopo averli visti, e che invece si ripetono anche la settimana seguente e poi l’altra ancora. Per provare a svoltare, per non dilapidare quel po’ di vantaggio rimasto sulle concorrenti che sino a un paio di mesi fa neppure s’immaginavano come tali vista la distanza siderale in classifica, è stato scelto Paulo Sousa, con il suo bagaglio internazionale e i ricordi di risultati e bel calcio mostrati nell’esperienza con la Fiorentina che portò persino al comando della serie A, prima di chiudere poco al di là del confine della zona Champions. Ha accettato questa sfida complessa, il tecnico portoghese, giramondo con un recente passato pure da CT della Polonia, consapevole che la suggestione d’aprire un ciclo, per sé e per la Salernitana, passa necessariamente per una salvezza affatto scontata, che reclama una “rivoluzione” d’identità della squadra che eredita e dei risultati che produce. A lui il compito di riaccendere gli sguardi spenti, smarriti e sconfitti in partenza di calciatori visti in campo come una somma algebrica d’individualità (neppure granché brillanti singolarmente), non di certo come gruppo.

È dura, ed è proprio per questo che Salerno, piazza legittimamente delusa, è chiamata a fare la sua parte. Partendo da un presupposto: che i granata, tutti, s’incartassero in questo modo non l’aveva previsto nessuno, neanche dopo i primissimi scambi di stoccate Nicola-De Sanctis già all’alba d’agosto, perché dinanzi al dinamismo mostrato sul mercato, all’encomiabile voglia di fare e rilanciare (la stessa che ha portato oggi all’ombra del Castello d’Arechi Paulo Sousa) di patron Iervolino, si pensò che anche “la dialettica che c’è nelle migliori famiglie” sarebbe stata superata e risolta. Cosa che poi, evidentemente, non è avvenuta. E allora, non essendoci alcuna “primogenitura” del “ve l’avevo detto” da rivendicare, è bene stringersi a difesa della serie A. Tutt’insieme, (ri)cominciando proprio, scherzi del destino, da Salernitana-Lazio. C’è ancora tempo. E tocca farselo bastare…

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