di DARIO CIOFFI
Te la senti dentro, la domenica della rinascita. L’annusi. La respiri nell’aria. Tre cristiani – appena – a piedi sul cavalcavia dell’Arbostella, manco un metro di traffico né un minuto di fila per parcheggiare. Siamo rimasti i soliti. “Quelli di sempre” è ormai inflazionato. Diciamo quelli del panetosto. Dei “vorrei ma non posso” in un vita di “ritenta” senza esser mai più fortunato. E adesso che “voi che potete”, e che magari – siccome non è vero ma ci credo – portate pure male, vi siete fatti passare lo sfizio, noi continuiamo a “volere” riscoprendoci come siamo sempre stati prima di inciampare nel rischio di diventare aspiranti vip. No/no. Nel pallone noi siamo la manovalanza. E ne andiamo pure abbastanza fieri.
Ecco, infatti. Salernitana-Monza la sblocca Lassana, che qui chiamiamo solo per nome senza cognome, uno che con noi s’è preso le pallonate per mesi e s’è dovuto stare pure zitto. Prima che restituissimo tutto.
In quei giorni alla periferia del buongusto calcistico, quando ci sorridevano prima di farci i pernacchi, c’era pure Kastanòs, con l’ultima vocale rigorosamente accentata. Il mancino di quella domenica sera di gennaio 2022 a Verona, quando si gelava, e i nostri erano 11 in campo, 50 sugli spalti e 6 o 7 in panchina. E d’accordo che si aspettava la nuova era Iervolino, ma se lui non ci avesse messo quel sinistro, beh, stasera stavamo giocando un’altra volta a Cosenza (“ehlavitalavita, ehlavitalèbellalèbella…”). Oggi ce ne ha messo un altro, di mancino, Kastanòs. E ci ha fatto capire che finalmente ce l’avremmo fatta. Però serviva il sigillo. E nessuno lo meritava più del capitano. Antonio Candreva è uno che ha fatto più serie A di Roberto Baggio, nome che per chi ha la mia età è qualcosa più d’una icona, è arrivato a Salerno senz’aver più 90′ di fascia nelle gambe ma c’ha il carisma del campione e le stimmate del leader, che unisce a qualche numero ancora oggettivamente superiore alla norma. Carica i compagni. Carica la Curva. Fa 3-0, ch’è tutt’un conto. Uno per quella brutta sconfitta di due anni fa, quando ci portò lì l’aereo della Lazio. Un altro per Balotelli, il primo maggio dopo. L’ultimo per la batosta d’un girone fa.
Che l’avremmo vinta s’era capito veneredì scorso. Percezioni. Sensazioni. Ci servono quelle. Sennò solo tutti ‘sti “massimi sistemi”, che palle…
Ecco, l’altro ieri la Sud ha scritto “Avanti Salerno, rialzati Salernitana”. Un po’ di carta, un po’ di pittura, e noi leggendo quelle parole ci siamo risentiti noi stessi. Uniti. Affamati. Ci siamo ripresi la nostra dimensione e la squadra ha fatto il resto, dimostrando che tra il non saper fare tre passaggi e lo schiaffeggiare un avversario fino a oggi elogiato da tutti, in fondo, passa poco. O forse tantissimo. Semplicemente, quel che passa – appunto – nella testa che comanda le gambe.
Noi, come detto una settimana fa a quest’ora, non possiamo buttarla dentro. Ma aiutare loro, i calciatori, a farlo, quello sì. Come? Per esempio accompagnando Mazzocchi al rientro con l’affetto che meritava, esaltando le parate di Ochoa (uno come lui dovrebbe giocare anche se restasse scalzo e senza guanti) e le chiusure di Gyomber (che può raccontarla pure più lunga di Lassana e Kastanòs), persino accarezzando Piatek che oggi non ne indovina una ma siccome fesso non è magari segnerà gol pesanti sentendo la fiducia di tutti.
Non ho detto niente su Paulo Sousa. Si dice che a un allenatore servano 100 giorni, e va da sé che non li avrà perché quando per lui arriveranno il campionato sarà quasi finito. Intanto ha (ri)portato la Salernitana in vita, cosa si dicano in quel cerchio che tanto ci piace non lo sappiamo, né c’interessa. A noi importa che parli il campo. E oggi, dopo un bel po’, gli abbiamo (ri)detto “vi vogliamo così”.
Avanti la prossima. Per chi se la sente…
(foto US Salernitana)