di DARIO CIOFFI
Euforia vattene via. Ché la consapevolezza della propria forza è importante, l’entusiasmo è fondamentale, e però illudersi che la notte di San Siro abbia cambiato d’un colpo, d’incanto, la prospettiva d’una squadra che deve lottare e soffrire per sopravvivere in serie A è il rischio più grande da scongiurare. Ha lavorato su questo, raccontano i muri e le cronache che “filtrano”, Paulo Sousa con la sua Salernitana che dà l’assalto al Bologna nella partita che può, e deve, rappresentare un crocevia per la salvezza. Perché i felsinei non sono il Milan, l’Arechi gioca con i granata e l’opportunità d’allungare la striscia positiva significherebbe tantissimo nella strada che porta all’obiettivo della Bersagliera. È per tutte queste ragioni che “la prossima”, ch’è sempre la gara che conta di più, invoca il cavalluccio marino umile, operaio e determinato che s’è ripreso nelle mani il proprio destino dopo l’incubo dell’ultima fase della gestione Nicola, tornando a far calcio e poi punti, ritrovando la compattezza e la competitività che pareva smarrita.
La Salernitana con la sua nuova (ch’è poi vecchia) identità ha dimostrato d’esser squadra capace di giocarsela contro chiunque, perché la mente libera fa correre le gambe e il pallone, e quell’idea ambiziosa e legittima di Paulo Sousa, di costruire l’azione senza sentir la palla che scotta tra i piedi, senza buttarla alla via al primo timore di perderla, sta trovando la sua quasi naturale applicazione. Quand’è la testa che “comanda” nel modo giusto, si sa, tutto il resto vien da sé. È un presupposto tanto scontato quanto cruciale, la base su cui si fonda una rinascita raccontata, ed è la nota più lieta, dalle prestazioni prim’ancora che dai numeri. Ma reclama continuità. E l’occasione offerta dal calendario è di quelle che sarebbe peccato gravissimo non sfruttare.
Per di più perché si gioca all’Arechi, lo stadio che i granata son riusciti a riprendersi con la vittoria scaccia-fantasmi contro il Monza, inaugurando una serie di tre risultati utili, alimentata dai pareggi di Marassi con la Samp e San Siro a casa del Milan, che ha riconciliato la squadra con il suo popolo. È un altro aspetto per nulla irrilevante. Non c’è stata Salernitana, nella sua storia, che abbia fatto cose grandi (o almeno… buone) senza essersi sentita un tutt’uno, in simbiosi, con la propria gente. Un’unità che, pure questa, pareva frantumata nelle settimane peggiori, e che invece è tornata a brillare non per mero potere dei risultati, che altro non son stati che una conseguenza, bensì per la presa di coscienza, la condivisa consapevolezza, che il gruppo e l’ambiente non potessero far altro che – a dirla con le parole del coro più in voga tra i tifosi – “camminare insieme”.
E così la più grande (ri)conquista del primo mese di gestione Paulo Sousa, con l’ippocampo, è stata proprio aver restituito al popolo l’orgoglio di riconoscersi negli undici ragazzi che, a turno, in campo vestono la maglia granata. Non soltanto perché la indossano. Ma perché la rappresentano. Ne incarnano lo spirito. La voglia di combattere e sognare. È su questi presupposti che nasce un Salernitana-Bologna carico d’aspettative, match da vivere con la responsabilità di chi sa d’aver dinanzi una grande chance, e però al contempo pure con la serenità che aiuta a non farsi schiacciare dalle pressioni e con l’umiltà necessaria per asciugarsi dalla pioggia d’elogi post Milan. Il cammino della Bersagliera verso la salvezza è ancora lungo e complesso. E se è vero che la strada è quella giusta, a maggior ragione è il tempo di (continuare a) percorrerla…
(foto US Salernitana 1919)