di DARIO CIOFFI
Buttala dentro, Anto’. Ché a casa nostra ci piace vincere e riuscirci non per caso, gestendo la fatica, facendo la parte “dei più forti”, contro la Ternana che sarà pure serie B ma è soprattutto una “vecchia avversaria” con cui ce ne siamo sempre date tante, è segno che questa Salernitana sa bene a che gioco sta giocando. E poi ogni discorso si fa sempre meglio a stomaco pieno.
L’Arechi ad agosto è un grande ritrovo di famiglia. Ci si conosce tutti. Ci sono quelli di sempre. Quelli che c’erano e ci saranno, perché per esserci non hanno bisogno per forza dell’acquisto, del biglietto low cost, della Curva Nord o d’uno Stamford Bridge riadattato alla Litoranea. Capiamoci, ci fosse tutto questo sarebbe meglio. Ma siamo così abituati a fare senza che quasi non ci facciamo caso.
La Coppa ci (ri)dà certezze che non sono scritte sulle sabbia, Candreva che segna e Gyomber che fa ciò che serve, Lassana che “vatteloaprendere” e Dia che dovrà farci ballare ancora, e che intanto fa cantare una Curva ch’è – la Sud sì – già in forma campionato. Sono le certezze che ci porteremo a Roma, per arrivarci a testa alta, come l’anno scorso e come l’anno prima… E poi vediamo che succede.
Poi il mercato, sì che conta. Sousa bussa a rinforzi da giorni. Qui, da sempre (al di là d’ogni contesto), la voce di popolo, da piazza Casalbore a Mariconda, dice che “c’ vonn’ cinque jucatur’…”, lui s’è spinto persino oltre contandone sette. Un botto!
Io non lo seguo ma lo ringrazio. Cioè, non gli vado dietro pure se nella sostanza mi rappresenta. È un po’, il mister, come quei colleghi “che tenevano bisogno” (loro! E io no, invece…?) quando lavoravo gratis o giù di lì: nel senso, io ero talmente felice di fare il lavoro che sognavo che l’avrei fatto pure rimettendoci (come accadeva), e però quelli che dicevano “quando ci pagano?!”, non in nome ma un po’ anche per conto mio, pure servivano.
Ecco, il mister capirà se io e qualcuno come me la pensiamo così, cioè che gli innesti servono, e però lasciamo che a dirlo sia lui. Ché in fondo è la stessa parte che legittimamente fanno – li leggete i giornali, sì? La mattina è bellissimo farlo, apre la mente – Motta a Bologna, D’Aversa a Lecce, Gasperini a Bergamo, Mourinho a Roma, forse persino Inzaghi con l’Inter vicecampione d’Europa che per prendere un attaccante deve capire se poi resta qualcosa e “ci avanza” pure un difensore, e potrei continuare perché non c’è squadra in Italia che oggi non sia “cantiere”.
Ogni allenatore vorrebbe e chiede il meglio per sé e il club in cui mette la faccia, è giusto prima che lecito. E infatti li aspettiamo, questi rinforzi che dovranno fare più forte la Salernitana. Con la fiducia di chi crede d’avere – non per “cieca vocazione”, ma per un anno e mezzo di fatti scritti sulla pietra – una Società con l’iniziale maiuscola, e con l’animo temprato di chi aspettava la sera del 31 d’agosto gli ultimi due prestiti “big” dalla Lazio, di solito stranieri, spesso con un numero di presenze in A più o meno pari alle settimane trascorse dall’ultima volta in campo. Succedeva così, negli ultimi anni, che numeri alla mano per la storia granata son stati pure i migliori! Li attendevamo, questi due pezzi grossi che dovevano farci l’onore, li “caricavamo” – io ne scrivevo ogni giorno – e alla fine di solito uno rifiutava e l’altro veniva pure se un pochino “schiattato in corpo” senza poi lasciar troppe tracce.
Che viziaccio, aver mangiato sempre il pane tosto! È tormento e ricchezza della Salernitana, di chi l’ha seguita, di chi comunque vada non smetterà di farlo.