di DARIO CIOFFI

Mettiamola al centro. Ché dentro questa palla ci siamo tutti. Per primi i bambini come lui, che ancora non ci ha perso la testa, e però tra un po’ capirà che a 4 anni averne “visti” 3 di serie A è più d’un lusso. Calcisticamente, è come esser nati a Riyad. E glielo diciamo sottovoce noi, che invece sulla carta d’identità pallonara c’abbiamo scritto Mogadiscio.
S’esagera, lo so, quando si parla di Salernitana mettendola al centro del mondo, ché forse sarebbe meglio non parlarne, tanto al centro per te ci sta comunque pure se non lo dici (e ti sgamano lo stesso).
S’esagera sempre, appresso a undici persone a cui un popolo intero “presta” la sua maglietta sfilandosi la pelle, e affidandogli una delle cose più care che ha, forse – o senza forse – l’unica che, piaccia o non piaccia è così, unisce e fa parlare al plurale in un tempo d’egoismo, egocentrismo e individualismo tendente alla “scemaria” invece che alla socializzazione, figurarsi poi all’inclusività. Con tutte le sue contraddizioni…

Ci siamo capiti. Buttiamola sul semplice. È la notte prima della prima. Sìssignore, partiamo da Roma ma senza “i quattro ragazzi con la chitarra” di Venditti, dolcissimo tormento d’ogni pre-esame. Non ci giochiamo niente. Semplicemente scriviamo il primo capitolo del “grande romanzo popolare a puntate” – non c’è debutto in campionato in cui non valga la pena ricordare la citazione di Alfonso Gatto – ch’è questa serie A in cui d’improvviso siamo diventati realtà, in poco tempo, con alcuni calciatori iconici, con qualche impresa, a volte rocambolesche e altre miracolose, e con il marchio di fabbrica d’un popolo “affamato” che più perde e più canta, ché quando la Bersagliera vince è bellissimo, ci mancherebbe pure, ma un poco rode doverla dividere con così tanta gente.

Zitt’ a chi sa il gioco”… Leonzio e Giarre, Pergocrema e Pizzighettone, altro che l’Olimpico e Mou, sono cicatrici che rafforzano, ma ‘ste feste negli stadi di lusso, dove non solo ci sediamo a tavola, a volte portiamo pure via punti, ci cominciano a piacere e alle dignitosissime mense in cui abbiamo imparato a usare le posate di plastica, e poi a farci “accovati” i panini per il ritorno, non abbiamo alcuna intenzione di tornarci. Il primo obiettivo è quello. Difendere la serie A. Il resto verrà da sé. E andrà vissuto insieme. Soprattutto quando ci sarà da soffrire. Ché su questo, fidatevi, più di noi ne sanno in pochi.

Buon campionato, Salerno.

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