di DARIO CIOFFI

Il modello Udinese che abbiamo invocato e desiderato per quasi trent’anni (ne sono passati 28 da quando ci tolse la serie A al Friuli, e da allora non è più retrocessa, conoscendo persino la Champions e costruendo un’idea di calcio innovativa e virtuosa) oggi s’è ridotto a “tutti dietro ché manca poco”.
S’è immolato sull’altare d’un allenatore, il bravo Sottil (bravo davvero, come chi ne viene dalla gavetta in Periferia), che prova a difendere insieme ai suoi ostacolando un fallo laterale.
Sì, l’Udinese, con il suo modello che io ricopierei domani, ha finito a “palla in tribuna” per merito d’una Salernitana tosta, anche quando non è bella. Che sa aggrapparsi ai suoi affanni, ma non mi risulta che Ochoa giochi per un’altra squadra, portando comunque a casa la pelle.
Poi come ogni cosa scegliete la prospettiva che volete, con la noiosissima dicotomia del bicchiere e dei punti persi o guadagnati.
Io, che sto in serie A da poco, non ce la faccio a non godermi l’Arechi che “fa paura” e segue la sua Curva con una voce soltanto (evviva i 20mila, se sono di più è solo pubblico di casa sotto mentite spoglie), Candreva che pure quando incanta meno ti dà l’assist decisivo, Dia che fa quello che gli riesce meglio (mandarci beatamente al manicomio al primo pallone buono), Paulo Sousa che sa come riprenderla, i nuovi che impattano forte, e fa niente se ancora non si capiscono… io certa gente non la capisco da 38 anni e ci vado lo stesso d’accordo.
Per me siamo imbattuti. Per altri senza vittorie. Il “mio” è record. Gli altri invece sono nella norma.
Il modello Udinese è bellissimo. E però serve pazienza. Come pure pragmatismo. Tipo ‘na bella palla buttata in tribuna. Senza imbarazzi. Per soffrire c’è sempre tempo, mo’ prendiamoci tutto.
(foto US Salernitana 1919)

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